CDUMDS. Capitolo 6 - La parabola
Un uomo facoltoso, aveva due figli.
Ad entrambi non mancava nulla, vivevano nell’agio, coccolati dall’amore paterno.
Uno dei due ragazzi, però, viveva nell’irrequietezza; provava una sorta di insoddisfazione, che lo rendeva inquieto.
Il padre, saggio e attento alle sfumature caratteriali dei propri pargoli, gli chiese:
“Che succede figlio mio, sono giorni che ti vedo nervoso, frenetico, ma anche triste e sconsolato. Dimmi, cosa c’è che ti turba?”
“Non è questo il mio posto, padre. Questa città mi sta stretta, io voglio vivere, voglio girare il mondo e voglio andare via per sempre da questo posto.”
Il padre, lo guardò con sguardo paterno e gli disse:
“Figlio, ma questa è casa tua. Qui c’è la tua famiglia, e tutto questo un giorno sarà tuo”
Al che, il figlio lo guardò deciso e affermò:
“Non un giorno, padre. Ora. Pretendo la mia parte di eredità, e la userò per realizzare tutti i miei desideri”.
Il padre rimase di stucco, sostituì lo sguardo paterno con quello del vecchio saggio e disse:
“E sia”.
Il ragazzo, prese tutte le sue cose, la parte della sua eredità in contanti, e si diresse verso la metropoli più vicina.
Qui affittò un lussuoso appartamento, e per la prima volta potè guardare la tv e la champions league, grazie al miracolo del satellite.
Visse un lungo periodo nell’agio e nella bambagia, toccando l’apice della sua realizzazione,e finendo lentamente per consumare le risorse, nella speranza di tenere sempre allo stesso livello la sua soddisfazione.
Le risorse finirono, la vita nella metropoli era costosa e difficile, e lui non era più in grado di sostenerla.
Senza più un soldo, e una casa dove stare, prese la sua dignità, la buttò in un cassonetto della raccolta differenziata, e tornò dal proprio genitore.
Alla vista del padre, non seppe fare altro che scoppiare in lacrime e chiedere scusa.
Il padre, uomo saggio divenuto ancor più saggio, non lasciò trasparire nessuna emozione, ma si limitò ad un unico, efficace:
“te l’avevo detto”
Aggiunse poi:
“vai ad uccidere un vitello, così puoi occuparti della cena. E mi raccomando, bello grasso, che ho fame”.
E vissero per sempre felici e contenti.
Il lettore attento, in questa parabola, avrà riconosciuto tre parabole.
- La parabola del figliol prodigo, rivisitata. (si intende per parabola una storia verosimile, atta a illustrare un insegnamento della predicazione di Gesù)
- La parabola che serve per vedere la pay-tv
- La parabola, figura geometrica, utilizzata per descrivere l’andamento dell’esperienza del figliol. Partenza, crescita, realizzazione, punto di massima espressione di felicità, discesa verso la triste realtà.
A noi interessa la terza, la figura geometrica. Descrive la mia vita nell'anno 1999, che merita un capitolo tutto per sè.
Il 1999 è talmente importante, che iniziò già nel 1998, perché per uno che va a scuola, l’anno inizia tre mesi prima rispetto al calendario Gregoriano.
Tornai a scuola, con le mie insufficienze a Filosofia e Storia, profondamente abbattuto e scoraggiato.
immagine dell'autore
BASE DELLA PARABOLA ASCENDENTE
Passarono due, o tre giorni, dal primo suono della campanella, che la professoressa di Inglese entrò in classe, con una faccia pensierosa ed un foglio in mano.
“Good morning guys, here we have a communication from Lamìa (Greece). We have to organize a cultural exchange, inside the Socrates Project”.
Provava a parlare solo Inglese in classe, ma non la capiva nessuno. Non so perché, ma i professori di lingue non hanno ottenuto grandi risultati con la mia generazione.
Io, però, avevo capito.
“Un liceo di Lamìa, in Grecia, ci ha chiesto uno scambio culturale. C’è un progetto che si chiama Socrates, a cui noi parteciperemo, e per quindici giorni andrete in Grecia, e altri quindici giorni verrano dei ragazzi qui da voi.”
Al “quindici giorni andrete in Grecia” erano già partiti gli applausi e il trenino.
Urlando, la professoressa cercò di concludere il concetto.
“Solo cinque di questa classe, i migliori. Se non possono o non vogliono, andranno gli altri in ordine di voto in pagella”.
Il trenino si fermò alla stazione della delusione.
Ma non per me. Io, infatti, ero tra i più bravi in Inglese, e il mio nome sulla lista era scontato.
La professoressa infatti, confermò. Ora bisognava convincere i miei.
Preoccupantesimo, paura, soglia della povertà rischiosamente vicina, boh ma chi lo sa.
I miei genitori, non mi avevano mai mandato in gita. Se si fosse trattato di quelle gitarelle di mezza giornata, a un museo o quelle cose li, senza problemi. Ma né alle medie, né alle superiori, avevo mai avuto il permesso di prendere parte ai viaggi di istruzione di più giorni.
Avevo sempre incassato il colpo, senza dispiacermi troppo, perché mi dispiaceva da morire, ma non potevo farci niente, perciò non era il caso di dispiacersi oltre, sarebbe stato peggio. Quindi non avevo mai insistito.
Stavolta, niente avrebbe dovuto fermarmi. Era un'occasione che non avevo intenzione di farmi sfuggire, e tornai a casa determinato ad ottenere il permesso. Ci pensai tutta la mattina, immaginai scenari, strategie, possibili risposte a possibili domande. Tutto.
Ce l’avrei fatta.
“Mamma, papà. Devo andare in Grecia, quindici giorni, a fare uno scambio culturale con la scuola. Possono andare solo i più bravi della mia classe”.
Forse scelsi le parole giuste, o forse quello era il primo passo di novità dopo lo scontro e la deposizione delle armi da parte di mio padre qui, ma non ci fu replica.
“Quando partite”? – mi chiese mio padre
Io fui spiazzato. Spiazzatissimo.
“Fra quindici giorni” – risposi
“Fai attenzione” – disse. Niente di più
Mia madre, rovinò la scenetta da film aggiungendo:
“Ma quanto costa? E i soldi ce li hai? Anche per stare li?”, il tutto con un tono per niente ansioso e incalzante.
“Si mamma, i soldi ce li ho non ti preoccupare”
Partimmo il 18 settembre 1998. Destinazione Atene, successivamente Lamìa.
Ognuno di noi avrebbe alloggiato a casa di un ragazzo greco, e saremmo stati parte della loro famiglia. La mattina saremmo andati a scuola con loro, ogni pomeriggio ci sarebbe stata un’attività diversa, che poteva essere sport, visite culturali, o tempo libero. Inoltre ci sarebbero state tre gite di un giorno, a cui avrebbe potuto partecipare tutto l’istituto, non solo i ragazzi dello scambio.
Provo a descrivervi qualche sensazione?
Scendemmo dall’autobus, davanti l’istituto, dopo un paio d’ore di aereo e altrettante di autobus, e trovammo una folla ad attenderci.
Sembravamo la Nazionale al rientro dai Mondiali.
Ognuno di noi, scendendo dall’autobus, veniva scrutato, osservato, studiato. Gli studenti dell’istituto Greco sgomitavano per riuscirci a vedere. Erano arrivati “gli italiani”. Sembrava che nessuno ne avesse mai visto uno, e molto probabilmente era proprio così.
Contestualizzando, nel 1998: le compagnie low-cost non esistevano, viaggiare era estremamente costoso, Internet non si sapeva nemmeno cosa fosse.
Essere trattati da Cristoforo Colombo, in terra indigena, era l’unico scenario possibile. Aggiungete che attorno al nostro gruppo era stata creata aspettativa: sono Italiani, saranno qui quindici giorni, una ventina tutti insieme. Wow!
Il nostro primo passo sul terreno Greco, fu un bagno di folla. Non erano decine di migliaia di persone, ma poco importava. Anche se fossero state soltanto 100, ci hanno accolto da celebrità.
Che successe in quindici giorni?
Tutto.
Adolescenti, ospiti in terra straniera, inseriti in un contesto studiato appositamente per essere una vetrina, con qualsiasi attività modificata, creata o annullata solo a causa della nostra presenza. Eravamo idolatrati.
Io, personalmente, rimasi totalmente scosso da tutto quel clamore.
Non ero mai stato all’estero, non avevo mai colloquiato in una lingua diversa, non avevo mai avuto una ragazza, non ero mai stato in gruppo con amici a fare baldoria, a ballare, in gita, o fuori fino a notte fonda.
E tutto ciò, mi arrivò tutto insieme.
Stavamo in giro tutto il giorno, sempre in gruppo, sempre numerosi. A decine, tra greci e italiani. Tutti parlavamo solo Inglese e tutti lo parlavamo sempre meglio. Ci muovevamo in taxi, che costava due lire, e andavamo in giro per locali tutte le sere, fino all’alba.
Le ragazze, ci seguivano, ci aspettavoano, ci fischiavano, ci cercavano. Piangevano se non le salutavamo.
Piangevano se non le salutavo.
Mi lasciavano biglietti, lettere, regalini. Me li facevano recapitare dalle loro amiche, o me li portavano di persona.
Irreale. Shockante. Inebriante. Esaltante.
Ero questo qui.
io e una ragazza greca che prese parte allo scambio culturale. immagine dell'autore
In Italia non ero Raoul Bova, e in Grecia nemmeno.
Ma in Grecia ero “famoso” per il fatto di essere un Italiano in Grecia.
La domanda “quante cose sono andate così perchè eri famoso”, a questo punto è pertinente, ma a prescindere dalla motivazione che ha scatenato il susseguirsi degli eventi, non cambia il risultato.
Tornai in Italia profondamente diverso.
Sicuro di me, spavaldo e soprattutto consapevole che le cose sarebbero potute andare anche in maniera diversa.
Avevo conosciuto tantissimo del mondo, solo guardandolo da un’altra finestra, e il mondo mi aveva mostrato tantissimo altro di me stesso.
Avrei fatto tesoro di quell’esperienza.
Avrei imparato che la mia dimensione era la compagnia, il gruppo.
Avrei imparato che in un gruppo esistono le differenze, ma trovandosi allo stesso livello verso lo stesso obiettivo, sono molto meno evidenti, quasi impercettibili.
Avrei imparato che la forma è importante, la sostanza molto di più. Ma riuscire a dare alla sostanza una bella forma, non è cosa da tutti, ancor meno dare un pò di sostanza a una bella forma.
Avrei imparato che per quanto le mie carte sembrassero scoperte, e non sembrassero buone per continuare a giocare, avevo molti più assi nella manica di quanti immaginassi, e che al limite esiste anche il bluff.
Avrei imparato che piacersi non è per forza sinonimo di piacere, e che piacere può non coincidere con piacersi.
Avrei imparato soprattutto che tornare alla consuetudine, dopo una botta di vita del genere, è come svegliarsi la mattina presto dopo una sbronza memorabile. (Avrei imparato anche quest’ultima cosa).
Finalmente hai messo un po’ di pepe. Era ora!
Questo post mi è piaciuto più del solito: forse perché cominci a fare altre esperienze, il primo assaggio di libertà, le prime ragazze.
Si molte volte simulare una certa sicurezza aiuta nell’approccio con gli altri.
Puoi essere figo quanto vuoi ma se sei impacciato, se sei bello ma non balli niente non vai a segno.
Un mio amico che non è assolutamente un adone acchiappa a più non posso proprio perché ci sa fare!
Quindi finalmente le prime esperienze e sei dovuto andare fino in Grecia.
Ps questa cosa che non ti hanno mai permesso di andare in gita l’ho trovata molto triste. Le gite scolastiche erano il motivo per cui andavo a scuola!!!
Pps nella foto hai la mano lesta!!!
Ti è piaciuto perché c'è del gossip, vero????
Bhe, un po' di pepe è il caso che arrivi, non vorremo mica leggere uno steembook noioso, no???
P. S. E lo so... I miei vecchietti erano fatti così
P. P. S. Ma quella è paraskevi!!! Che vuoi manolestare, era bruttarella dai! Va bene che le 16 enni di un tempo non erano come quelle moderne, ma bella proprio non si può definire😉
Del sano gossip che piace a tutti e ci sta sempre bene!!! 😎
É vero le sedicenni di adesso sono giá fighe e nate pronte, mah!!!!
Non ho detto che fosse bella ho notato la mano molesta che é diverso!!
Chissà perchè voi due, @suryavoice e @g-e-m-i-n-i mi ricordate Sandra e Raimondo!
Comunque bando alle ciance, anche a me questo post è piaciuto,non solo per il gossip, che non guasta mai, ma perchè ho fatto anche io scambio culturale di 15 giorni in Inghilterra..
io posso fare Sandra??? :D
@suryavoice post grandioso, l'ho letto in un sorso, complimenti davvero.
Ad occhio e croce abbiamo la stessa età, nel 98 dovevamo fare anche noi uno scambio culturale, ma in Russia... te lo immagini? Purtroppo saltò tutto nonostante eravamo già pronti a partire, ogni tanto mi chiedo come sarebbe stato vivere quell'esperienza. Chi sa... ormai è andata!
Grazie per aver condiviso la tua esperienza.
ohhh grazie @thenightflier. Abbiamo tutti e due 23 anni quindi??? guarda a volte le coincidenze della vita...
Calcola che io, carte in mano già firmate, avevo previsto un erasmus di 9 mesi, e lo sguardo della mia ex di allora mi fece strappare tutto. Rimaniamo tutti con un "chissà come sarebbe andata"...
Ma poi eccoci qua...e va bene uguale!
Grazie a te per essere passato!!
Grande Surya! Lo scambio interculturale è per molti lo spartiacque tra la vita di prima e quella dopo. Grandi cambiamenti!