RE: Influenza sociale (parte I): perché ci conformiamo?
Complimenti!
Un articolo ben scritto, interessante e di piacevole lettura!
Il tema è sempre attuale, un sempre-verde, insomma!
Ci sono vantaggi e svantaggi della vita di gruppo, direi, la tendenza a conformarsi purtroppo è sempre in agguato, si apposta dietro ogni angolo, stalker perfetta.
Essere consapevoli dei meccanismi che si innescano nella nostra mente è il primo passo per liberarcene quando essi siano dannosi o semplicemente inutili.
Viviamo il condizionamento sin dalla prima infanzia, ricordo che alle elementari, nonostante tutte le mie proteste, mia madre mi mandò al catechismo, perché tutti i miei compagni andavano e si pensava che non andando anche io, avrei vissuto una situazione inaccettabile di isolamento (dannosa per me). Si sa, i bambini sono innocenti, ma sanno essere meschini quando avvertono che qualcuno è diverso dal gruppo, perché non sono ancora consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni o parole. Io ero seccatissima, tra l'altro in parrocchia c'erano catechisti davvero incapaci, bigottissimi, che non facevano altro che ripetere che non fare i compiti era un peccato grave tanto da andare all'inferno. Io sono sempre stata, grazie ai miei genitori che mi hanno trasmesso l'importanza di seguire se stessi prima di ogni cosa, un po' anticonformista - non selvaggiamente, per esempio non vado in giro nuda per strada, accetto il vincolo del vestito, ma rifiuto il vincolo del pensiero: la mia testa starà là per una qualche ragione, non accetto che qualcuno pensi per me.
Insomma, dopo pochi mesi di catechismo, obbligai mia madre a fare un passo indietro, scegliemmo insieme un'altra parrocchia, fui io a scegliere quella che mi piaceva di più. Fui costretta a fare comunque la prima comunione, ma a patto che poi fossi libera. Non proseguii con la cresima, per esempio. Qualcuno dei miei compagni ebbe la preoccupazione di obiettare, sentendosi senza libertà di scelta. Ma mai ho vissuto il mio andare contro corrente come una forma di isolamento, anzi!
A distanza di anni, mia madre mi ha chiesto scusa. Mi ha confidato che nel dubbio ha preferito conformarsi, ma sbagliando. Ovviamente l'ho perdonata, perché ha fatto il tutto cercando di proteggermi, ma non ho mai accettato quel gesto. L'ho compreso, ma non accettato. Continuo a pensare che per me quella prima comunione non ha significato nulla se non dolore e fastidio; esattamente l'opposto di quello che avrebbe dovuto essere per un cristiano.
L'essere conformista non ha prodotto un buon risultato, ma solo fastidio e frustrazione.
Immagino che anche i soggetti di quegli esperimenti, seppur a breve termine avessero dalla loro l'accettazione del gruppo, a lungo termine non fossero realmente soddisfatti; e ciò è dimostrato dal fatto che da singoli, le loro risposte cambiavano.
Insomma, affranchiamoci dal conformarci anche se pensiamo che il gregge vada nella direzione opposta alla nostra e siamo sempre fedeli a noi stessi, vivremo di certo più felici e soddisfatti! :D
Grazie dell'articolo!