MODA GREEN: DAL FAST FASHION ALL’ALTA MODA
Salvaguardare il pianeta e chi ci vive, è diventato uno degli argomenti principali degli ultimi anni e come sappiamo la moda, oltre ad essere uno dei settori più importanti del mondo, è anche quello che si occupa meno del rispetto dell’ambiente.
Così, a partire dal 2010 circa, molte istituzioni e associazioni hanno cercato di sensibilizzarsi e sensibilizzare molti brand e case di moda che fino ad allora hanno evitato queste problematiche ambientali, che a mio avviso, non andavano declinate.
In primo luogo dobbiamo analizzare la categoria della moda "low cost", dove troviamo marchi come H&M e Zara, i cui sinonimi sono abiti a buon mercato e tempi brevi di produzione. Questo comporta inevitabilmente lo sfruttamento del personale e degli espedienti. D’altro canto, però, entrambi i brand sopra citati con il tempo hanno capito l’importanza della sostenibilità e hanno così deciso di creare linee eco-friendly. H&M, ha lanciato la famosa linea “Concious” dove troviamo tessuti con fibre riciclate e rimesse nel mercato. Questa azione diminuirà i rifiuti tessili e gli sprechi della moda.
Zara, invece, nel 2016, ha lanciato la linea “Join life” interamente realizzata con tessuti e materiali ecologici che mirano alla conquista di forme minimal e femminili.
Infine, c’è chi vede la creazione di linee ecosostenibili come una tecnica di marketing ben riuscita, però c’è da dire che è una legittima strategia per coinvolgere il grande pubblico.
Una svolta decisiva avviene nel 2013, quando Greenpeace chiede al mondo della moda italiana e francese di spiegare come si sono adeguati alle richieste del mercato sulla sostenibilità, il tutto tramite un questionario. Il risultato?
Molti non hanno risposto alle richieste di Greenpeace. Altri brand, quelli che ad oggi sono più di altri sotto i riflettori, non sono interessati a garantire per l’ambiente, il che fa riflettere perchè da chi se non da loro deve partire l’iniziativa di proteggere il nostro pianeta? Da chi se non da loro che hanno il potere di esprimersi tramite sfilate, pubblicità, e inviare alle persone un messaggio chiaro e forte. Soprattutto, da chi se non da coloro che stanno usufruendo più di tutti delle risorse naturali del nostro pianeta?
D’altronde c’è chi si impegna già da tempo a migliorare, anche se in piccola parte, il mondo della moda e questi brand sono: Valentino e Burberry.
Non dimentichiamo il caso dell’azienda di produzione tessile Canepa di Como che ha aderito alla produzione tessile sostenibile, uno dei primi casi italiani, la quale ha incentivato altre aziende ad aderire alle iniziative etiche. Sottolineo questa situazione perché Green Peace ha calcolato che in media sei aziende tessili italiane in un anno producono sette milioni di metri lineari di tessuti, in poche parole, l’equivalente della distanza da Roma a New York.
Questi casi, dimostrano come con il tempo molte case di moda, designers, aziende tessili e tutto l’indotto che gira attorno al fashion, si sia sensibilizzato al fine di provocare il minor danno possibile al nostro pianeta. Infine, che sia essa una questione di marketing o sincera consapevolezza, siamo sulla giusta via, sia dalla parte dei produttori, sia dalla parte dei consumatori di questi prodotti, che con il tempo hanno saputo scegliere da che parte stare, scegliendo la trasparenza e il rispetto dell’ambiente che ci ospita.
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