14. La tomba di Galabel (parte prima)
Bentrovati, Steemians.
Quando il lavoro sembrava ormai una strada in discesa, un fastidioso problema di salute mi ha tenuto lontano dalla scrittura per qualche settimana; per fortuna il peggio è passato e un poco alla volta sto tornando in pista!
Nel frattempo, la pagina Facebook dedicata a "Le Arcimaghe" è stata oggetto di numerose segnalazioni nel tentativo di farla chiudere.
Sembra che qualcuno stia diventando una voce scomoda!
Non so voi, ma io non sono affatto sorpreso: lo sanno tutti che il Fantasy è un argomento scabroso.
Nulla a che vedere con cosucce rilassanti come politica, razzismo, odio di genere e persecuzioni religiose.
Se volete aiutarmi a fare un dispettuccio agli haters di turno, se il romanzo vi sta piacendo o se quest'oggi non avete nulla di meglio da fare, magari potreste mettermi un Like così io sono contento, voi non spendete il becco di un quattrino e i cattivi rosicano come castori. Il tutto nell'arco di due secondi!
Altrimenti pazienza, me ne farò una ragione.
In ogni caso, buona lettura.
(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)
I giardini pensili del Palazzo dei Principi erano avvolti in un silenzio fatato.
Bianchi percorsi di ghiaia serpeggiavano tra aiuole variopinte.
Gli alberi da frutto cominciavano a germogliare; all'ombra di essi erano sistemate comode panche di marmo.
Ilharess si soffermò per l'ennesima volta a scrutare l'orizzonte, ma nessuna vela apparve al di là delle infinite distese blu. Non le importava: era già al settimo cielo, poiché quell'incantevole parco era da sempre chiuso al pubblico, ma a lei era stato permesso di visitarlo su invito del suo maestro.
«Ho deciso che sarò io ad assegnarti il primo incarico», disse Innos, «e ti pagherò in anticipo, se lo accetterai. Si tratterebbe di recarsi nella capitale...»
«Città del Re!», esclamò Ilharess. «Questa sì che è una coincidenza interessante: si dà il caso che anche mio padre mi abbia chiesto di recarmi lì. Vuole che porti una proposta d'affari a un suo cugino alla lontana, un artigiano.»
Innos annuì: «Mi sembra un'ottima idea. Vuoi sentire anche la mia, di proposta?»
«Assolutamente.»
Ilharess gli si avvicinò con un sorriso affettuoso: «Dirò di più: le vostre richieste hanno la precedenza. Questa conversazione non starebbe avendo luogo se non fosse per voi, e non lo dimenticherò facilmente. Parlate dunque!»
Il sorriso di Innos non fu altrettanto convincente. «Prima troviamo un posto dove far riposare le mie ginocchia», borbottò, muovendo verso una panchina. Ilharess lo vide guardarsi attorno con circospezione lungo quel breve tragitto, e sperò segretamente di imbattersi nel Principe che dimorava nel palazzo sottostante; l'aveva intravisto per le vie della città, a volte, ma non era mai riuscita a parlargli.
I due, tuttavia, non incrociarono anima viva, ad eccezione di una manciata di guardie ferme a debita distanza.
Dopo che si furono seduti sotto un vecchio arancio, Innos riprese la parola: «Anche viaggiando in lungo e in largo, difficilmente troverai una biblioteca più fornita della nostra riguardo i popoli e le razze che abitano il regno. Storia, genealogia, araldica, letteratura, sono materie che per noi non hanno segreti; ma ve ne sono altre che meriterebbero eguale approfondimento, e sulle quali siamo ben poco aggiornati.»
Con lo sguardo, Ilharess lo invitò a continuare; allora l'anziano maestro batté le nocche sul bracciolo di marmo. «Questa, per esempio.»
«Roccia?» Ilharess aggrottò la fronte. «Non capisco. Cosa c'è di importante nella roccia?»
«Non dire nulla del genere semmai dovessi incontrare un Nano, o potrebbe prenderla sul personale!», la ammonì Innos. «La roccia è il suolo su cui ci muoviamo: ti sembra poco? Se non esistesse, la vita per come la conosciamo sarebbe impossibile.»
«Anche l'acqua, se è per quello», obiettò Ilharess, «ma da qui a studiarla... L'acqua si beve, la roccia si scava e si modella. Cos'altro potremmo aggiungere?»
«Alcune rocce si scavano», la corresse Innos, «sempre che le cirostanze lo permettano. Quali rocce e quali circostanze? Questo non lo sappiamo. Sappiamo che alcuni materiali sono troppo resistenti per poter essere modellati, altri invece lo sono troppo poco. Se dalla pietra che usiamo per costruire le nostre case tentassimo di ricavare un gioiello, questo risulterebbe brutto e di poco valore, e viceversa...»
«D'accordo, d'accordo», ammise Ilharess; «devo aver sottovalutato la faccenda.»
«Qualche tempo fa», proseguì Innos, «ho sentito parlare di alcune pietre particolarmente rare, capaci di sortire effetti su coloro che le maneggiano. Pietre capaci di guarire, di donare forza o saggezza se posizionate in un certo modo o se chiamate con determinati nomi. Vorrei capire che aspetto hanno, come vanno utilizzate e dove possiamo trovarle, ma soprattutto sarei curioso di sapere se esistono davvero oppure no.»
Ilharess faticò a contenere l'entusiasmo: aveva decisamente sottovalutato la faccenda.
«L'argomento mi è del tutto nuovo, ma ormai credo di sapere come si porta a termine una ricerca. Posso farcela», asserì.
«Non ne dubito, mia cara. Questa, tuttavia, è solo la prima parte dell'incarico.»
«Sono tutta orecchi.»
Innos sospirò e abbassò lo sguardo, rimirando il suo anello. «Ho già cercato più volte di contattare la biblioteca di Città del Re, per queste ed altre delucidazioni. Non ho mai ottenuto risposta, il che è davvero insolito. Voglio sapere se la biblioteca è ancora aperta e funzionante, chi se ne occupa e per quale ragione non desidera rispondere alle mie missive. Ammesso che le abbia ricevute.»
«Sembrate preoccupato», mormorò Ilharess.
«Lo sono. Potrebbe trattarsi di un'inezia, sai: un indirizzo scritto nel modo sbagliato, un corriere poco zelante, un bibliotecario particolarmente scorbutico... ed è quello che mi auguro; ma per quanto ne sappiamo, potrebbe anche essere accaduto qualcosa.»
«Non vi avevo mai visto preoccuparvi, prima d'ora», disse Ilharess, «e capisco di essere stata egoista in tutti questi anni. Tutta presa dai miei studi, ho sempre trascurato colui che li ha resi possibili. Ai miei occhi siete stato più uno strumento che non una persona, e ora che le nostre strade stanno per dividersi, soltanto ora mi domando chi sia veramente Innos lo studioso e da dove provenga; se abbia mai amato una fanciulla, se abbia mai brandito una spada o versato una lacrima.»
Gli strinse la mano e gliela accarezzò: «È troppo tardi per diventare amici?»
(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)
Innos la osservò stupefatto.
«Mia cara ragazza!», esclamò; «Essere un tuo strumento è esattamente ciò che mi ero prefisso al principio delle nostre lezioni, e non devi pensare nemmeno per un istante di essere stata ingiusta con me. Ogni cosa è al suo posto! La nostra amicizia non è mai stata più salda e, sebbene sia tardi per narrarti la mia storia, con un pizzico di fortuna potrai scovare qualche indizio una volta giunta a destinazione: è proprio da Città del Re che provengo, e forse da quelle parti c'è ancora chi rammenta il mio nome. In caso contrario, sarà mia premura soddisfare la tua curiosità quando ci incontreremo nuovamente.»
Ilharess ricacciò indietro le lacrime. «Lo spero davvero», disse con voce roca. «Spero tanto che parleremo ancora, e ancora più a lungo.»
«Bando ai sentimentalismi, adesso, e veniamo al sodo», tagliò corto Innos, per poi metterle in mano un sacchetto di monete di bronzo.
Era una somma cospicua, ma non fu sufficiente a scacciare la malinconia che si era impadronita di lei.
Tornata a casa, andò in cerca dell'Ammiraglio, ma il gatto rifiutò di farsi toccare. Nei due giorni seguenti danneggiò tende e lenzuola, disdegnando il cibo offertogli.
L'imminente partenza di Ilharess sembrava averlo offeso a morte.
Giunse infine il momento dei saluti.
Rufus, il vecchio pony che suo fratello le aveva donato anni addietro, venne aiutato a salire a bordo della Madre del Pirata mentre Ilharess, in piedi sul molo commerciale, sorseggiava il bicchiere della staffa attorniata dai suoi.
Calíma gettò in acqua una corona di fiori, e pregò il Signore delle Acque di benedire il viaggio della figlia. Qualche attimo dopo, anche la coppa di Ilharess volò giù dal molo, come da tradizione.
Calíma le consegnò un morbido astuccio di pelle, contenente due fialette: «La pozione trasparente è un tonico», spiegò, «mentre quella ambrata servirà a lenire la tosse, qualora dovesse ripresentarsi. Abbi cura di te stessa!»
Quando sua madre la baciò sulla guancia, Ilharess ne percepì tutta la sofferenza e se ne sentì responsabile.
«Dell'Ammiraglio mi occuperò io», disse Calíma, «tu occupati di me: scrivimi ogni volta che potrai.»
Adamant la guardò orgogliosamente, dopo averle baciato la fronte: «Sposa o sacerdotessa, avventuriera o topo da biblioteca non fa alcuna differenza. Sei e sarai sempre mia sorella», dichiarò, per poi donarle un piccolo e affilatissimo pugnale.
«Un tagliacarte, ma anche un tagliapersone all'occorrenza. Evita vicoli e anfratti, e tieniti sempre in vista, se non desideri servirtene.»
Per ultimo si fece avanti Innos, col suo sorriso paziente e le mani nascoste tra le pieghe della tunica scura: «Ho già consegnato il mio dono, e non mi rimane che un ultimo avvertimento: non dare nulla per scontato! I gorghi di Porto dei Cigni hanno protetto la città dai nemici, ma anche dai cambiamenti. Il mondo che troverai fuori potrebbe non assomigliare più al nostro, e i suoi abitanti rivelarsi più difficili da comprendere rispetto a coloro che hai frequentato fino ad oggi, oltre che assai meno affidabili. Talvolta un sorriso invitante nasconde intenzioni spregevoli, mentre modi troppo rudi si rivelano efficaci nel momento del bisogno. Sii cauta con chiunque incontrerai, e non sbandierare ai quattro venti le ragioni del tuo viaggio.»
(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)
Ilharess deglutì, senza più un briciolo di entusiasmo. Era davvero una buona idea abbandonare una vita agiata e confortevole per andare incontro all'ignoto?
Potevano esistere città più belle di quella, persone migliori di quelle?
«Credevo sarebbe stato un momento di gioia», protestò debolmente, «ma vi state comportando come se stessi andando in guerra.»
In quel momento Ingolf si affacciò dalla Madre del Pirata, sghignazzando con la pipa tra i denti: «Qualcuno ha cambiato idea, per caso? Sono ancora in tempo per scendere e rimediarti un buon partito. Pensaci bene!»
Alla parola partito Ilharess si girò di scatto: «È ora di andare.»
(Continua...)
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