12. Fuorilegge (parte terza)steemCreated with Sketch.

in #ita6 years ago

Castagna tacque, mentre Arnoldo si rimetteva in piedi e richiudeva la massiccia porta scorrevole con la stessa, sorprendente facilità.
Il bizzarro nano lo aggirò, per poi sedersi in equilibrio sul parapetto.
«Arrivammo qui poco dopo l'incoronazione di Gemma Verde; eravamo circa un centinaio», raccontò mentre si apprestava a riempire nuovamente la pipa.

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

«Tutte le terre dei Nani erano già da tempo dominio incontrastato dei Lungabarba; uno di loro - che in seguito avrebbe fondato il regno di Grottaluce - aveva persino preso parte alla liberazione di questa montagna dalle anime dannate, al seguito del primo dei Nuovi Re. Così la notizia dell'impresa di Monte Spettro si era diffusa rapidamente tra il nostro popolo, e aveva riacceso l'ambizione di alcuni che erano rimasti senza terre né glorie, ma non si erano mai rassegnati a servire.

«Dráin Piedipietra era il più nobile tra questi, poiché la sua casata aveva governato sulle grandi montagne del profondo Sud, prima che l'Ombra calasse per sempre su quelle terre. Il suo era un progetto brillante: scavare il primo passaggio sicuro attraverso le Montagne Innevate, da nord a sud, collegando le Verdi Colline al Sacro Altopiano e inaugurando così una nuova via commerciale, breve e diritta. I viaggiatori avrebbero pagato volentieri un modesto pedaggio pur di risparmiarsi tutto il giro attraverso la Landa Centrale e la Breccia, e i diseredati del nostro popolo avrebbero prosperato nuovamente, al centro di un enorme traffico di merci, bestiame e ricchezze. Eravamo entusiasti.

«Come prima cosa, occorreva ripulire le vette circostanti dagli ultimi residui degli Anni Oscuri: qualche tana di goblin, alcune famiglie di troll e altri aborti della natura. Eravamo motivati e armati fino ai denti, ma non conoscevamo il territorio e perdemmo quasi la metà delle nostre forze. Ci volle un lustro prima che i lavori potessero finalmente cominciare, ma a quel punto, caro Castagna, ci rendemmo conto che nel frattempo era avvenuto un cambiamento epocale.

«L'ascesa di Gemma Verde aveva rovesciato il mondo intero, per come noi l'avevamo sempre conosciuto. Ad avere paura non erano più le brave persone come te, ma i malfattori. Alcuni erano andati a nascondersi, altri si erano convertiti a una vita onesta, e il fenomeno del brigantaggio era ormai un ricordo a tutti gli effetti. Le strade erano diventate sicure, tanto che alcuni amavano mettersi in viaggio per puro piacere, e più la via era lunga maggiori erano il divertimento e l'ebbrezza della scoperta. Gli Uomini dei Cavalli guardavano ai loro antichi parenti del Nord con rinnovata curiosità, e non temevano più di attraversare le Terre Brulle che li separano. Nuovi pionieri stavano ripopolando la Landa Centrale, e alle genti delle Verdi Colline non interessavano più le opportunità di guadagno, perché i mercanti erano già alle loro porte, pronti a coprirli d'oro in cambio dei loro prodotti.

«Non servivamo più a niente, così alcuni di noi se ne tornarono da dove erano venuti. Altri preferirono mettersi al servizio degli Uomini dell'Ovest. Coi pochi rimasti, ci mettemmo a scavare nel cuore delle montagne, sperando di riscattarci con gli arcani tesori del popolo maledetto che era rimasto intrappolato qui sotto; ma non trovammo nulla, se non ossa rotte e vecchie lapidi, e fummo vittime di numerosi incidenti.

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

«Gli abitanti delle zone limitrofe cominciarono a chiamare Dráin "Lord delle Ossa" o "Re Senza la Montagna". Non penso volessero ferirlo di proposito, ma fu uno smacco da cui stenta tuttora a riprendersi. Altri ancora lo abbandonarono, perché il nome del loro signore era caduto così in basso da farli temere per la loro stessa reputazione. Restammo solamente in cinque al seguito del nobile Dráin: due fratelli che non lo abbandonerebbero mai, due cugini stranamente privi di ambizioni - se non quella di trastullarsi nella loro officina - ed io, che da un po' di tempo ho cominciato a pensare che vivere quassù non sia poi così male, nonostante tutto.

«Per un breve periodo provammo a cimentarci come soldati di ventura, ma come ti ho già detto non vi è più una gran richiesta di questo genere di servizi. Come se non bastasse, Dráin aveva ormai i nervi a fior di pelle e i pochi clienti disponibili finivano ben presto col litigarci. Non siamo mai stati troppo bravi nel trattare con la tua razza: il fatto è che noi veneriamo il Fabbro, protettore dei commerci, dei metalli e delle gemme preziose - oltre che nostro unico Creatore - e per noi gli affari sono sacri. Una volta stretto un accordo, questo va rispettato fino in fondo, costi quel che costi; alla tua gente invece piace fare deviazioni, considerare nuove prospettive, rivedere costantemente le regole d'ingaggio. Non starò qui a giudicare, ma è un fatto acclarato che siete una specie alquanto variabile, e questo può dare adito a numerose incomprensioni.»

«Un momento», lo interruppe Castagna, «che significa "unico creatore"? Mia madre dice sempre che siamo tutti figli del Padre degli Dei. Tu invece hai appena menzionato un certo "Fabbro".»
«Tua madre non mente, ed io sono stato altrettanto onesto. Devi sapere che una cosa non esclude necessariamente l'altra», lo corresse Arnoldo, che non vedeva l'ora di raccontare a qualcuno la storia del suo popolo.

Egli narrò del giorno in cui il Fabbro aveva compreso di non poter forgiare spade abbastanza potenti, né intagliare gemme splendenti a sufficienza da soddisfarlo pienamente. La sua ambizione e la sua passione erano tali da spingerlo a voler creare la vita stessa, nonostante ciò fosse appannaggio esclusivo del Padre degli Dei.
Il Fabbro e l'Avversario erano stati gli unici ad osare spingersi oltre i limiti, ed entrambi erano stati scoperti; ma mentre quest'ultimo aveva sfidato apertamente il Padre, il Fabbro, al contrario, si era prostrato ai suoi piedi offrendogli i suoi figli in sacrificio.
Commosso dal suo pentimento, il Padre aveva acconsentito a includere nella sua creazione coloro che sarebbero passati alla storia come i Sette Padri dei Nani, e che avrebbero fondato altrettante casate.

«L'Avversario crea per gelosia, per spirito di rivalsa e competizione», spiegò Arnoldo, «perciò le sue creature sono mostri capaci solamente di odiare e distruggere. Il Fabbro, invece, è mosso unicamente dall'amore.»
«Allora perché non vi aiuta, quando vi trovate in difficoltà?», domandò Castagna.
Arnoldo ne era certo: «Non è così che funziona. Forse gli Dei vogliono metterci alla prova, o forse non sono onnipotenti come alcuni ritengono: sta di fatto che le difficoltà sono ufficialmente comprese nel programma. Se così non fosse, del resto, saremmo tutti immortali.»

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

Castagna era affascinato da quei racconti. «E adesso che cosa fate, qui sul Monte Spettro?», volle sapere. «Di cosa vi occupate?»
Arnoldo lasciò partire un grande anello di fumo, per poi rivolgergli un sorriso colmo di mestizia.

«Di niente. Viviamo con quello che avevamo messo da parte da giovani, e aspettiamo la nostra estinzione, più o meno serenamente a seconda delle giornate. Ormai gli umani che ci avevano visti arrivare sono tutti morti, e chi, tra i loro discendenti, ha ascoltato la storia del nostro arrivo e del nostro fallimento, ci dà per dispersi lungo quelle che un tempo erano chiamate le Strade dei Morti. Le leggende su Monte Spettro sono tornate in auge, e per certi versi questa nostra nuova veste di fantasmi può rivelarsi divertente, oltre a mettere Dráin al riparo dallo scherno altrui. Se non altro, ora Monte Spettro è nuovamente temuto, e non più deriso.

«Siamo la più sciagurata delle colonie naniche, ma è solo questione di tempo prima che anche gli altri facciano la nostra stessa fine. Siamo rimasti meno di cinquemila in tutte le terre conosciute, falcidiati da lunghissime guerre nelle epoche precedenti. Viviamo per diversi secoli, ma le nostre femmine sono sempre più rare e sempre più insopportabili, e non esistono più nuove generazioni. Grottaluce, Monte Solitario e gli altri reami di cui si favoleggia in ogni dove, non sono che un pallido riflesso del nostro antico splendore. Il nostro tempo è concluso, così come quello degli Elfi; loro, però, avevano una terra magica verso cui fare rotta, lasciandosi alle spalle un fulgido ricordo e un bel po' di materia da leggende. Noi abbiamo solo questo mondo, che ormai appartiene agli Uomini, e siamo destinati a perire lentamente, a cadere in miseria anno dopo anno, vittime del vostro progresso ma anche, e soprattutto, dei nostri stessi limiti.

«I nostri popoli sono ufficialmente dalla stessa parte, ma il momento della vostra liberazione è stato anche il momento della nostra condanna. Mi auguro che questo ti aiuti a capire che la realtà delle cose è estremamente più complessa di come viene spesso presentata. Il successo di qualcuno rappresenta quasi sempre la disfatta di qualcun altro; sovente il Bene e il Male somigliano più a punti di vista che non a due schieramenti opposti, e quei punti di vista non rappresentano altro che un'infinità di interessi personali.

«Se la cosa può consolarti, non sei affatto l'unico a cui il mondo è crollato miseramente addosso. Tuttavia, tu appartieni a quella che ormai è a tutti gli effetti l'unica razza dominante: è per quelli come te, Castagna, che c'è ancora speranza. Se lo chiamano il Tempo degli Uomini una ragione c'è, e la ragione è che dovreste darvi tutti una bella svegliata. Per esempio, è risaputo che Gemma Verde, prima di salire al trono, si aggirava per le Terre del Nord come un qualunque mendicante, con una spada spezzata, un anello annerito e un paio di stivali rotti. Tu non avrai diritto ad alcun trono, ma almeno le tue scarpe sono ancora intere, e questo è un pensiero confortante, non ti pare?»

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(Immagine CC0 Creative Commons by Pixabay)

Castagna si stiracchiò, inspirando a pieni polmoni.
«Be', diciamo solo che per essere un vecchio avventuriero male in arnese dici cose molto sagge. Mi hai dato da pensare, lo ammetto.»
Arnoldo scese dal parapetto e gli passò la pipa fumante: «Quello che ho detto rimane tra noi, sia chiaro. E non chiedere quell'autografo a Dráin, se non vuoi che ti stacchi la testa a morsi. Sarebbe un po' come sfidare un uomo senza gambe a una corsa campestre.»
«Ma certo, ma certo.» Castagna fece un tiro, poi sfoderò il sorriso più fasullo di tutto il suo repertorio.

«Sarò muto come un pesce, amico, puoi scommetterci.»

(Continua...)

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