SELENYA: L’OMBRA DI SVADHISTHANA Capitolo 11 - KOKAL
KOKAL
the six shadows of the moon
(dettaglio)
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watercolor on paper
armandosodano
La quinta e ultima notte che avrebbero trascorso al confine con Kashia, Kiran dormiva profondamente, avvolto nel lenzuolo e tra voluttuose curve femminili. Di Vaila non avevano notizie dalla notte del rituale e sia lui che Arvinda speravano ciò fosse un buon segno. Come da accordi, avevano scritto a Palazzo la mattina successiva la sua partenza, ricevendo prontamente risposta. Nulla di nuovo era stato scoperto ad Adhisthana, ma Avati, che si era fatta carico di scrivere ai gemelli, era sempre più turbata dallo strano silenzio di Navin, suo compagno e padre dei ragazzi, che non aveva più dato proprie notizie sin dal primo buio di luna.
L’ultimo ad averlo visto era stato proprio Kiran: pochi giorni prima del buio di luna, erano partiti assieme da Kasiha, ma Navin aveva deviato per la Capitale. Lì l’aveva colto il buio e Navin aveva prontamente comunicato di volersi trattenere nella Capitale per indagare quello strano mistero. Non era seguita alcuna ulteriore comunicazione e ora, a settimane ormai da quell’ultima missiva, Avati era molto preoccupata. Ravi e i Diarchi desideravano il ritorno di Arvinda ad Adhisthana il prima possibile, non essendo più necessario che lei e il seme si trattenessero altrove, ma nella medesima lettera Avati chiedeva a Kiran di raggiungere la Capitale, trovare il padre e scoprire il motivo del suo prolungato silenzio.
Tutto era ormai pronto per la partenza e il mattino dopo i due fratelli avrebbero preso strade diverse. Si erano già congedati dai sacerdoti del tempio e dagli altri amici conosciuti al piccolo villaggio di confine e, prima di addormentarsi, Kiran aveva festeggiato la partenza con la voluttuosa e matura donna che ora gli riposava accanto, la stessa che si era intrattenuta con lui la notte della partenza di Vaila. I sogni del ragazzo erano tranquilli e non turbavano il suo sonno…
Pixabay
Kiran era un kokal, uno di quei grossi uccelli bianchi che popolavano le scogliere di Svadhisthana. Non riusciva a vedersi, ma percepiva le ali che lo tenevano in quota. Sentiva la corrente ascensionale che gli accarezzava il ventre e il calore del sole sulla schiena.
Provò a parlare e dal suo becco uscì un suono acuto e sgraziato, che però trovò divertente, ripetendolo ancora.
Sotto a lui, prendevano forma le rocce rosse e scoscese dell’unica costa di Svadhisthana, talmente ripide e inospitali che il Regno non aveva mai seriamente pensato di aprirsi un via sul mare, preferendo piuttosto mantenere rapporti diplomatici con Kasiha. All’orizzonte, il mare brillava di mille sfumature di blu.
Si alzò il vento e Kiran notò che il mare iniziava a incresparsi di onde. Kiran non si preoccupò più di tanto, il kokal sapeva come gestire un po’ di vento e, in ogni caso, era abbastanza sicuro fosse un sogno. Ad un certo punto, nell’aria, percepì una voce. Inizialmente distante, poi sempre più nitida e vicina.
”Kiran… Kiran…”
Lo chiamava e la voce gli sembrava familiare.
”Kiran… Vaila… sono… Kiran, sono Vaila… mi senti?”
Craaaaah! Fu la risposta sorpresa del ragazzo, che si rese subito conto quanto fosse inutile cercare di parlare. Formulò perciò la sua risposta con la mente.
”Vaila, sei davvero tu? Com’è possibile?”
”Le vie del Signore sono infinite, Kiran,” ridacchiò l’amico. “Fortunatamente anche tu hai reso omaggio a Dio, stanotte, o forse non sarei riuscito a raggiungerti.”
”E’ una delle tue magie? Quindi stai pregando mentre mi parli? Non è molto carino nei confronti del tuo partner…”
”Se in questo momento avessi un partner, ti darei ragione, ma viste le circostanze sono stato costretto ad una devozione solitaria… per quanto mi trovi in questo momento a cavalcare una bestia assai possente.”
”Temo di non capirti.”
”Poco male, l’importante è che tu mi ascolti. Non credo di poter tenere aperto questo canale ancora a lungo. Sono arrivato a Si. C’è stato qualche problema da Bice, ma ti racconterò. Ora stiamo fuggendo con la profezia e sotto la protezione del Gran Zunika. Io e altri due. Arriveremo via mare tra poche ore.”
”Via mare?! Impossibile!”
”Speriamo di no. Fammi vedere se riesco a mostrarti dove siamo...”
All’improvviso, Kiran si ritrovò a volare rasente la superficie del mare, assai più lontano dalla costa di dove si trovasse prima. Era buio, come immaginava fosse il mare in quel momento esatto, mentre dormiva, e non c’era alcuna corrente calda a cui aggrapparsi, perciò volava con le sue sole forze. L’acqua era increspata dal vento e all’orizzonte percepiva una costa molto più accogliente di quella svadhisthana e quello che forse era un porto, contornato da numerose navi che sembravano formare una barriera.
”Quelle sono navi militari kasihane. Anche il porto è chiuso, come il confine. Fortunatamente, se per entrare mi ha aiutato il potere Kundalini Kama, per uscire stiamo sfruttando i potenti mezzi di Kas.”
*Kiran percepì delle ombre sotto di sé, che si muovevano nella direzione opposta alla sua. Volò poco più avanti, si voltò, prese quota e scese in picchiata sottacqua. Nei pochi momenti che passò sotto la superficie, si ritrovò accanto a creature mitiche che fino a quel momento avevano vissuto solo nella sua immaginazione. Erano Kasika e avevano dei passeggeri, uno dei quali, il più vicino a lui, si girò velocemente e gli fece un cenno con la mano, sogghignando. Kiran il kokal riemerse in superficie e rise di gusto.
”Alla faccia della bestia possente. Non sai quanto ti invidio per quest’avventura!”
”Mi invidierai meno quando mi avrai visto meglio in faccia, credimi. Ma basta tergiversare: sono bravo a mantenere un’erezione, ma non avevo mai dovuto farlo così a lungo montando una bestia così bizzarra e imbizzarrita… Saremo a Svadhisthana tra poche ore. La nostra guida conosce un posto, vicino al villaggio di Machhalee: è una rada che i locali usano per pescare. Veniteci incontro con cavalli per tutti, andiamo alla Capitale.”
”Machhalee. Altri due cavalli oltre il tuo. Capitale. Ricevuto. Saremo lì prima dell’alba.”
”A presto, amico mio.”
”Buon viaggio, Vaila. E goditi questa sensuale cavalcata… il tuo Kasika lo sa che stai per venirgli sulla schie…”
Vaila aveva interrotto la comunicazione così bruscamente, che Kiran si svegliò di soprassalto e ci mise qualche secondo a rendersi conto di non avere più ali, penne e becco, ma le sue solite braccia, gambe e labbra. Si riprese dalla bizzarra esperienza, sempre più convinto che alla fine di questa avventura avrebbe dovuto iniziare la propria educazione formale al Tempio il prima possibile: era straordinario ciò che era possibile realizzare grazie al potere di Kundalini Kama.
Si alzò silenziosamente, avendo cura di non svegliare la bella compagna, e andò invece a scuotere Arvinda. Le spiegò velocemente cos’era accaduto e cos’avrebbero dovuto fare e poco dopo erano nuovamente in viaggio. Non verso Adhisthana o la Capitale, come inizialmente programmato, ma verso la costa.
Archivio personale
Lo stalliere da cui recuperarono i cavalli aveva solo una bestia a disposizione da unire alle loro. Non sapendo se e quando sarebbero stati in grado di riportarla, ne pagarono il prezzo intero e decisero che, una volta recuperati Vaila e i suoi compagni, Arvinda sarebbe montata con Kiran. Avevano dormito solo poche ore quando era sopraggiunta la chiamata di Vaila e galopparono quasi tutta la notte sotto quella strana luna viola, cui ancora non si erano del tutto abituati. L’andatura sostenuta non diede loro modo di conversare, ma se avessero potuto entrambi avrebbero confessato un certo disagio nel sentirsi inondati da quella luce innaturale, quasi come se qualcuno li osservasse. Con la mano libera dalle briglie, Arvinda strinse per tutto il viaggio il seme tra le sue vesti, trovando forza nel suo tepore.
Raggiunsero Machhalee mentre l’orizzonte iniziava impercettibilmente a schiarirsi. Fortunatamente, essendo un villaggio abitato perlopiù da allevatori e pescatori, usi ad affrontare le impervie rocce svadhisthane pur di conquistarsi un pasto, scoprirono che già a quell’ora più d’uno abitava le strade del paese. Accettarono una tazza di infuso d’erbe e una focaccia da una gentile signora, che si apprestava a ravvivare il fuoco per la colazione e le faccende del mattino, e acconsentirono volentieri che il figlio maggiore, in piedi per mungere il bestiame, li accompagnasse al punto in cui, una volta sorto il sole, sarebbe stato possibile scendere fino al mare lungo un erto e stretto sentiero scavato nella roccia. Il ragazzo chiese solo, in cambio, di poter montare lo stallone di Kiran, che lieto lo accontentò, approfittandone per provare a sua volta il nuovo cavallo.
Non ci volle molto ad arrivare alla scogliera e il ragazzino che li aveva accompagnati si rimise immediatamente in cammino per tornare alle sue mucche, non senza essersi complimentato con Kiran per l’ottima cavalcatura. Rimasti soli, i gemelli scrutarono l’orizzonte, non sapendo in realtà che segno aspettarsi dell’arrivo degli amici. La luna era fortunatamente tramontata, ma il sole non aveva ancora fatto capolino all’orizzonte e il paesaggio era oscuro. Il mare, sotto di loro, a stento si intuiva, più per il frangersi delle onde sulle rocce che perché i due riuscissero a vederlo. Ad un tratto, però, Kiran intravide una luce provenire da Arvinda e osservò meglio la sorella.
“Arvinda, brilli,” esclamò quando fu certo che il bagliore proveniva proprio da lei.
Arvinda, che ancora distrattamente accarezzava il seme, scrutando l’orizzonte, fu sorpresa dall’osservazione del fratello, ma si guardò prontamente il petto.
“Oh, sì. È il seme. Fa così quando penso a Ravi… soprattutto in un certo modo.”
Kiran sorrise, immaginando il significato di quelle parole.
“Beh, un po’ di luce non credo sarebbe sgradita a chi attendiamo. Puoi trovare in te stessa pensieri sufficientemente profondi per il tuo amato, da intensificare la luce del yuva kundala?”
Arvinda rise.
“Ci posso provare.”
Fu così che i prodi cavalieri di Kasika giunsero in vista delle coste svadhisthane, guidati dalla calda luce arancio di Kundalini Kama. Non ebbero alcuna difficoltà a trovare la rada dove avrebbero potuto lasciare i mitici animali e la loro guida, che li avrebbe tosto ricondotti a casa senza nemmeno accorgersi, nell’oscurità, dell’acceso color fucsia dei baffi di cui andava molto fiero.
Fida, per quanto scosso dalla cavalcata, era impaziente e desideroso di approfittare degli ultimi minuti di oscurità per scalare la ripida parete rocciosa, ma Vaila era provato tanto dalla convalescenza quanto dalla bizzarra esperienza sottomarina e per nulla desideroso di rischiare l’osso del collo su un sentiero così impervio. D’altra parte, come fece immediatamente notare al compagno, a Svadhisthana nessuno li cercava o era loro nemico e non avevano più alcun bisogno di agire furtivamente.
Palesarono immediatamente la loro presenza ai gemelli, in cima al dirupo, e la luce che li aveva guidati fin lì immediatamente si affievolì. Attesero che l’alba li raggiungesse e illuminasse la loro ascesa poi, con qualche sforzo e alcuni passi falsi, conditi da abbondanti improperi kasihani e qualche infantile risata, guadagnarono la cima, pronti a proseguire il loro viaggio su cavalcature più comuni.
Selenya: Le sei Ombre della Luna
Le Sei ombre della Luna
@armandosodano
Un romanzo fantasy a puntate scritto da @mirkon86, @coccodema, @gianluccio, @acquarius30, @kork75 e @imcesca.
Per recuperare i capitoli precedenti e rimanere aggiornato sulle nuove pubblicazioni, segui il profilo ufficiale di @selenya
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Cap. 1: Prologo pt. I
Cap. 2: Prologo pt II
Cap. 3: Risveglio
Cap. 4: Adulta
Cap. 5: Kama
Cap. 6: Amplesso
Cap. 7: Vaila
Cap. 8: Seme
Cap. 9: Viaggio
Cap. 10: Magia
@tipu curate 1
Con curate 2 non andava... forse ho finito i curate giornalieri.
Ci riprovo!
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