TRA EMPIRISMO E RAZIONALITÀ, L'IMMAGINE DI SÈ
PARTE 1, TRA RAZIONALITÀ E EMPIRISMO
La scienza che conosciamo oggi ha avuto un grande processo di evoluzione, si è passati dalla divisione tra empirismo e razionalismo sino alla simbiosi delle due metodologie di pensiero. I razionalisti credono che il tutto si fondi su un principio intellegibile, gli empiristi al contrario pensano che tutto debba derivare da un'esperienza sensibile.
La fusione tra i due mediti da origine alla modalità odierna di fare scienza, a fare da apri pista vi furono filosofi, come Francis Baccone, che per primi capirono la necessità di unire un percorso razionale ad un percorso empirico, basato appunto sull'esperienza.
Venendo al dunque, oggi mi sono andata a leggere alcuni dei precedenti postit e un articolo in particolare ha susciatato il mio interesse, un articolo di @aditili che parlava di una (ahimè) mia cara compagna di vita: la dismorfofobia.
Subito mi è balzato alla mente di quanto la psicologia sia materia difficile, io lo so bene... sono stata oggetto della sua parte empirica. La parte razionale la puoi studiare dai libri, il problema è fare scienza avendo una parte empirica esterna che puoi studiare ma senza un'esperienza diretta, solo chi lo prova può capire fino in fondo e nessun altro.
Questo è il grosso limite della psicologia dal mio modesto punto di vista, mi sono riconosciuta moltissimo nell'articolo e per questo visto che la parte intelegibile è già stata spiegata voglio condividere la mia esperienza.
PARTE 2, LA MIA ESPERIENZA.
L'ho già detto in precedenza, non sono sicuramente una ragazza spigliata, sono sempre stata molto timida. In molti casi si è timidi, non perché musoni o scontrosi ma semplicemente per un meccanismo di autodifesa, la timidezza è una risposta istintiva agli stimoli esterni percepiti come potenzialmente turbanti, si ha una costante paura di fare una figuraccia, che il tuo pensiero possa essere giudicato, che possa essere povero di valore.
La via da quel punto è in discesa, si passa dal proteggersi allo screditarsi sino all'autodistruggersi. Alla fine lo si vede anche nei cartoni animati, l'autodistruzione del robot è un meccanismo di preservazione da un qualcosa di nocivo per la sua incolumità e arriva al punto di esplodere pur di conservare la dignità di farlo da solo.
Premetto che ora ne sono fuori, essere fuori significa che il taglio si è rimarginato, il sangue coagulato ha fato la crosta e il corpo ha fatto il resto, le cicatrici rimangono visibili, si dice che a distanza di anni i meteoropatici sentano male alle ferite, anche il cuore a distanza di anni prova dolore, non è più malato ma percepisce l'antico dolore.
Ricordo l'odore della stanza della psichiatra, metteva quei dannati fiori finti profumati che ho sempre detestato, ancora oggi quando sento un odore simile mi rimanda a quella stanza. Non è come nei film, non c'è il divanetto dove un ragazzo sexy dalla indubbia cultura ti scruta la mente, sei, almeno nel mio caso, in una stanza piuttosto comune con una persona estranea a cui tu dovresti raccontare senza troppa vergogna chi sei e che cosa fai.
Non è facile rompere l'orgoglio del silenzio per confessarsi con un estraneo, però se vai li, lo sai già che devi farlo, e ti metti in gioco, in fondo cos'hai da perdere... peggio di così non può andare.
I pomeriggi della mia adolescenza scorrevano infelici tra un non invito ad uscire alla sera e un non piacermi nel tempo libero. Si inizia non amando una parte del corpo qualsiasi, nel mio caso erano i miei capelli, fino a farla diventare un'ossessione costante. Si instaura un rapporto molto particolare con lo specchio, da un lato non ne puoi fare a meno, hai bisogno di guardarti per vedere come stai, è richiamo irresistibile... sai già che non ti piacerai ma nonostante ciò ti devi guardare.
In alcune fasi della malattia invece hai un rifiuto totale dello specchio e lo eviti in ogni maniera.
La mia fase di rifiuto per la mia immagine sfiorava il delirante, passavo per strada, dove ovviamente ci sono specchi dovunque, per un dismorfofobico una vetrina, una finestra, una macchina... sono tutti mostri, perchè offrono a seconda del periodo l'opportunità morbosa di guardarsi di continuo. E no, non è narcisismo. Oppure nei periodi "cavallo" metti il paraocchi e eviti addirittura certe strade per non vedere neanche per un Instante la tua immagine riflessa.
Ricordo con orrore che non potevo stare sotto certe luci, perchè come saprete siamo leggermente diversi a seconda della luce che abbiamo. Sappiatelo, per un malato quella differenza di luce, da molti manco percepita, è semplicemente enorme. Io mi vedevo come una persona completamente diversa a seconda della luce che offriva la giornata o la stanza del locale in cui mi trovavo. La vita diventa un percorso ad ostacoli, la tua mente dovunque vai ha un chiodo fisso conficcato nella testa, sei sempre in compagnia del tuo difetto, non hai mai tregua. Le poche volte in cui non pensavo al difetto mi dedicavo a come risolvere il problema chirurgicamente, passavo ore a cercare soluzioni ad un problema inesistente. Più entri in questo loop, più sei negativo verso te stesso e autolesionista.
Non ci si accorge che il difetto non è che una scusa della nostra mente per potersi detestare, alla fine ti accorgi che non è quella parte del tuo corpo a non piacerti ma bensì qualcosa di molto più profondo e strutturato. Il problema reale riguarda da vicino la considerazione che hai di te stesso, che ovviamente era pari a zero.
PARTE 3, VIA D'USCITA
Come già anticipato non se ne esce mai completamente. Ad un certo punto ti accorgi che al di là che il difetto possa essere reale o meno devi fare qualcosa, perchè questo incubo sta limitando fortemente ogni aspetto della tua vita.
In sostanza non vivi più e dovunque vai hai paura che tutti lo notino e tutti lo sappiano, sino alla paranoia vera e propria.
Io ne sono uscita solo dopo un anno di terapia, non è stato facile e credo che nessuno, a parte chi come me l'ha provata potrà mai capire, i dubbi mi rimarranno per sempre, però sono tornata a vivere.
Non credo che tratterò spesso temi del genere, preferisco restare sul soft, ma oggi, dopo aver letto quel post, avevo troppi ricordi e li ho condivisi.
pesante!!!
anche avere il coraggio di "parlarne" così in pubblico è un pò uscirne.
cioè io non posso nemmeno capire quello che ti/vi passa per la testa...e quanto sforzo si possa fare per uscirne...
Già, non è facile e non se ne esce mai del tutto, però si convive con maggiore serenità. Qua grazie a dio siamo relativamente in pubblico , c'è molto anonimato, per intenderci su fb non l'avrei mai e poi mai fatto ahah