Perchè questa così grave crisi? Un passo nella storia per scoprire nuovi modelli di sviluppo

in #ita7 years ago (edited)

INTRODUZIONE


Ciao steemers!! Mi scusa ancora per l'assenza di questi giorni. Come già preannunciavo nel mio precedente post, quello che vorrò cercare di compiere, al termine di questa mia lunga discussione, è cercare di rispondere a molte domande che i giovani di oggi si pongono, riguardo soprattutto la crisi che incombe nel nostro Mezzogiorno. Per far questo, però, dovrò annoiarvi con un po' di storia trecentesca, ma fidatevi che servirà per capire quali sono o come possono essere applicati i vari modelli di sviluppo.

Innanzitutto desidero delineare un quadro generale che farà da cornice alla nostra discussione.

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Tra gli eventi storici importanti, ricordiamo soprattutto la scoperta dell’agricoltura. Inizialmente la popolazione mondiale era nomade, raccoglieva ciò che trovava e si spostava. Viceversa, nel corso del tempo, circa 9000 anni fa si stabilizzò e, quindi, fu necessario provvedere a produrre degli alimenti.

Un altro appuntamento storico sicuramente rilevante, oltre a quello della scoperta dell’agricoltura, è sicuramente la caduta dell’impero romano e, poi, l’invasione araba.

Terzo punto chiave della storia è, invece, rappresentato dalla rivoluzione agraria (protrattasi dalla fine del 1600 fino alla metà del ‘700) e dalla rivoluzione industriale (nata in Inghilterra, e quindi in una ben precisa regione del Regno Unito, a partire dal 1780 fino al 1840). Questa è ancor più importante, poiché da quel momento il mondo si divide in due grandi parti: le aree sviluppate e le aree sottosviluppate. È solo da questi anni che inizia un dualismo, una divaricazione tra le nazioni, tra quelle che si avviano verso lo sviluppo economico-industriale di tipo capitalistico e quelle viceversa che rimangono legate ad un’economia agricola o artigianale, in cui non vi è passaggio dall’artigianato all’industria. Ciò determina, come detto, una divaricazione e comporta la nascita del problema dei paesi sottosviluppati e la divisione, in termini di ricchezza e reddito pro-capite, tra nazioni ricche e nazioni povere, dovuta alle varie forme di produzione (più avanti capiremo cosa si intende per forme di produzione).
Sicuramente altro punto storico importante, che connota anche la vita dei giorni nostri, è la seconda rivoluzione industriale (1894-1914) (chiamata impropriamente rivoluzione tecnologica). Si tratta di un periodo in cui si assiste alla scoperta della luce elettrica, del motore a scoppio, dell’industria chimica e farmaceutica, l’automobile, le prime forme di aereo-mobile, ma nasce anche la bicicletta; nascono i singoli mercati, si sviluppa un tipo di alimentazione in cui compare il the, il caffè, le banane, i frutti esotici: si assiste, insomma, alla prima vera globalizzazione, nel senso di un’integrazione profonda di un vastissimo mondo, più vasto ancora di quello di cui parleremo di seguito. Impropriamente, si parla di globalizzazione come di un processo nato oggi: globalizzazione è, invece, quella verificatasi già ai tempi di Marco Polo. Certamente, dopo la seconda rivoluzione industriale, coinvolge di più economicamente, nel senso che finisce per attirare nelle sue orbite anche Paesi periferici e lontani, come può essere il Cile, nonostante la rivoluzione industriale investa molto in Paesi europei come Francia, Italia, Germania e Inghilterra. Perché, quindi, tale coinvolgimento? La scoperta della luce elettrica sarebbe stata del tutto inutile se non vi era, poi, il modo di trasportarla; quindi si necessitava del filo di rame; quindi delle miniere di rame; quindi la necessità di coinvolgere paesi come Cile e Giappone. Allo stesso modo si spiega anche il coinvolgimento del Brasile e della Malesia successivamente, Paese in cui si coltivavano caucciù, alberi da cui si estraeva il materiale per la costruzione delle gomme delle automobili (le gomme sintetiche erano infatti ancora assenti). Tale aumento di ricchezza, di reddito pro-capite nei paesi ricchi e sviluppati, dovuto alla seconda rivoluzione industriale, fa cambiare il tipo di alimentazione, coinvolgendo paesi come il ricco Brasile per le ingenti quantità di caffè presenti, ma anche alcuni paesi africani. Vi è la corsa alle materie prime, la corsa alle colonie, da cui nasce l’attrito tra le maggiori potenze. La ricerca di mercati di sbocco fa sì che si inizi una guerra commerciale di grandissimo rilievo per esempio tra l’Inghilterra e la Germania (quest’ultima difatti cerca di ampliarsi rispetto all’Inghilterra che possiede direttamente un terzo del globo), che porta ad una guerra navale e alla prima guerra mondiale. Durante tale periodo si assiste anche alla scoperta della radio, strumento ancora oggi utilizzato, il telegrafo e il telefono (sviluppatosi principalmente in quegli anni nella Svezia, in cui si stabilizzò la prima casa produttrice, la Nokia). Tutto ciò da noi oggi utilizzato appartiene proprio alla seconda rivoluzione industriale, che diventa accessibile alle masse (e non più quindi solo all’elité) tra la prima e la seconda guerra mondiale (1919-1939), in cui si sviluppano i primi passi alla televisione e al cinema, non da noi al sud ovviamente ma negli Stati Uniti, dove compare anche la produzione di lavastoviglie e lavatrici (noi dovremo aspettare circa 40 anni). Negli USA è anche fiorente la produzione automobilistica, che diventa una produzione di massa; basti pensare che vi era un’auto ogni 5 abitanti (numeri raggiunti in Italia 50 anni dopo). Da queste informazioni è possibile notare come la differenza di reddito pro capite si riversa nella vita di ogni giorno e si rileva una vera e propria differenziazione di possibilità di spesa.

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A questi avvenimenti si aggiunge, poi, la terza rivoluzione industriale (che ha sicuramente segnato l’economia mondiale) che, a differenza della seconda è quella che davvero potrebbe essere definita una rivoluzione tecnologica continua.

Parlerò sicuramente del “Miracolo economico italiano” (1950-1973), quindi dell’economia internazionale dopo la seconda guerra mondiale, in cui si assiste ad un aumento del PIL del 6% annuo (a differenza dei giorni nostri in cui si registra una riduzione del PIL del 10%), guidato, come lo è anche oggi, semplicemente dalle esportazioni (in aumento del 14-17% annuo) e non dal consumo interno, quindi dalla capacità dell’economia italiana di rivaleggiare con le altre nazioni più industrializzate e di superarle sul piano della concorrenza, della competitività. Abbiamo superato, quindi, durante quel periodo, in termini di rapporto qualità-prezzo dei prodotti, la concorrenza dei principali paesi come Francia e Germania.

Discuteremo poi, della crisi di questo modello a partire dagli anni 80’ in cui si verifica l’avvio del debito pubblico; avvio non dovuto sicuramente a causa dell’intervento straordinario del Mezzogiorno: si tratta di un falso storico in modo da giustificare un colpo di mano, fatto con la complicità dei deputati meridionali che hanno votato l’interruzione dell’intervento straordinario del Mezzogiorno, affidato adesso ad una politica infrastrutturale europea, che non ha avuto alcun risvolto nelle nostre terre. Non producendo nulla, infatti (né cemento, nè ferro), gli incentivi infrastrutturali si tradurrebbero in una domanda di prodotti che si rivolge comunque al nord Italia, dove contribuisce a mantenere lo sviluppo delle industrie. Da ciò si evince che l’unico elemento importante potrebbe essere l’aumento della capacità produttiva, che dà un contributo all’aumento del PIL nazionale, delle esportazioni e che crea occupazione stabile nel Mezzogiorno.

Concluderò con il governo Berlusconi del 1994: dopo sei mesi di tale governo si assistette ad un attacco speculativo alla lira, poiché Wall Street ritenne che un uomo che non ha mai governato possa distruggere il paese, registrando una svalutazione della nostra moneta del 70% nei confronti dello yen, del 45% nei confronti del marco tedesco e del 40% nei confronti del dollaro. Durante gli anni precedenti, infatti, il debito pubblico era alquanto elevato, dovuto soprattutto alle riforme del 1975 (sanità per tutti, scuola per tutti ecc.) e in particolare al salvataggio dell’industria italiana negli anni 80 a spese dello Stato. È a causa di questa crisi del debito pubblico che si assistette alla svalutazione della moneta del 1994.

Sarò lieto di presentarvi e condividere con voi questo mio lungo e articolato progetto. Ciao steemers e al prossimo post!!

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