Insieme verso uno sviluppo globale (V parte)
Ebbene, si nota lo sviluppo che investe queste città, che aumentano costantemente di popolazione perché divengono elemento di attrazione, laddove vi è libertà e crescita di ricchezza. È chiaro, ovviamente, che chiunque può (come nelle migrazioni da nord a sud), affluisce in queste città e trova le possibilità di sviluppo; uno sviluppo, chiaramente, sempre in funzione del commercio. Questo è infatti talmente importante che la piazza fondamentale delle città è ovviamente quella in cui ha sede l’organo, l’ente, la corporazione del commercio. Mentre oggi, ad esempio tutte le vie delle città si dirigono verso il duomo, una volta si dirigevano verso la piazza del mercato.
Queste erano città di liberi e uguali, in cui tutto è possibile, cioè in pratica i cittadini sono tutti uguali, non vi è più la gerarchia del feudo. Si tratta di qualcosa di nuovo in tutto il mondo: le città, infatti, erano presenti in Sicilia, così come in Cina e a Bisanzio, ma erano parte dello stato, non erano città indipendenti. È perciò un’esperienza unica, anche perché in tutte le altre città vi erano al governo i rappresentanti della proprietà terriera, a testimonianza di come nel nostro Mezzogiorno feudale, la ricchezza e il potere hanno origine soltanto dalla terra, dall’agricoltura. In queste nuove città-stato, invece, il potere è dipendente dagli artigiani e dei commercianti: non vi è più al governo un’aristocrazia terriera, ma un’aristocrazia finanziaria. Il mutamento è pertanto epocale.
Cosa avviene, però, contemporaneamente? La popolazione in quale settore era attiva? Da dove traeva alimento la maggior parte della popolazione? Ovviamente dall’agricoltura, settore nel quale era impegnata la stragrande maggioranza di essa. Anche quando questi commercianti arricchiti, volendo essere un’entità sociale uguale ai nobili, investono le proprie ricchezze nell’acquisto di terreni agricoli (i feudi), non mostrano le stesse capacità possedute nell’organizzazione dei commerci; problema, questo, che si protrarrà per circa 6 secoli. Pertanto, in questi anni, di fronte a settori commerciali altamente sviluppati, non è lo stesso nel settore dell’agricoltura.
Ma perché questi commerci sono importanti nella storia europea e mondiale? Cosa comporta il commercio che veneziani e genovesi soprattutto, insieme in parte ai pisani, attuano? I commercianti comprano materie prime e in parte prodotti alimentari (spezie, agrumi ecc.) in Oriente. Attivano perciò una domanda i cui sistemi di pagamento sono o oro e argento oppure altre merci (il baratto). Tali materie prime venivano poi esportate, attraverso il Brennero, il San Gottardo e Milano, in Germania meridionale, Olanda, nell’altro polo importante che è Bruge, nell’Atlantico ecc. Questi pagavano tali materie con prodotti finiti, come i tessuti, che milanesi e veneziani trasportavano in Oriente. Questo commercio attiva, quindi, lì una domanda di materie prime che nel momento in cui viene pagata da una disponibilità finanziaria a quest’area, che viene utilizzata per comprare tessuti e prodotti dall’Europa centrale e settentrionale, esportati poi in Oriente.
Siamo così nella prima fase del capitalismo italiano, i cui commercianti si fanno da intermediari di materie prime e beni finiti. Così facendo attivano il commercio internazionale. Attirano, perciò, una parte, che è quella orientale, all’interno di un’area capitalistica, all’interno di commerci internazionali da loro governati e diretti e allo stesso tempo rendono possibile lo sviluppo di aree nell’Europa centro settentrionale, che grazie alla domanda proveniente dall’Oriente riescono a sviluppare un settore di carattere “industriale”.
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