Quechua, Mapudungùn e immigrati: influenze sul linguaggio cileno

in #ita7 years ago (edited)

In Cile, come tutti sanno, si parla lo spagnolo. Quello che non tutti invece sanno è che lo spagnolo parlato in Cile è molto diverso dallo spagnolo parlato in Spagna o negli altri paesi dell’America Latina. Me ne sono accorto abbastanza presto di quanto gli accenti, il modo di parlare, i vocaboli fossero diversi da quelli ascoltati nella penisola iberica. Quello che ho scoperto soltanto di recente, grazie alla pagina Wikipedia dedicata allo spagnolo cileno, è il perché di tanta differenza. Lo spagnolo parlato in Cile è così diverso perché risente dell’influenza di almeno tre idiomi: la lingua parlata dai Quechua, quella Mapuche e Rioplatense e quelle dei vari colonizzatori che si sono insediati sul territorio in diversi momenti.

Quechua

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Mais, zucchini e fagioli: quello che in Spagna si direbbe "maiz, calabacìn, judìas", in Cile si dice "Choclo, zapallo, porotos". (Foto scattata la scorsa estate alla Cryptofarm).

In assoluto, e sulla base del vocabolario di cui sono entrato in contatto personalmente in questi ultimi tre inverni trascorsi in Cile, questa è l’influenza maggiore. Quechua è una lingua – e anche l’insieme di individui che la utilizza – diffusa in Perù, Bolivia e Ecuador. Il suono “ch”, che si legge come la “c” di ciliegia, è forse quello che maggiormente caratterizza i suoi vocabili.
Ad esempio:
Il maiale (in Spagna puerco) si chiama in Cile (e suppongo in tutti i Paesi con popolazione Quechua) chancho (si legge “ciancio”).
Il mais (in Spagna maìz) si dice choclo.
Il campo da gioco (in Spagna campo) si dice “cancha”.
I sandali (in Spagna sandalia) sono chala.

Altre parole prese in prestito dalla lingua Quechua sono: il bebè (in Spagna bebè) si dice guagua, l’avocado palta, la zucca zapallo, i fagioli porotos (in Spagna judìas), l’uomo di campagna huaso.

Mapudungùn e Rioplatense


Immagine di pubblico dominio

Mapudungùn (dungùn=lingua, mapu=terra) è la lingua parlata dal popolo Mapuche (che=popolo, mapu=terra). Ha lasciato un numero di parole minore nel vocabolario cileno, rispetto al Quechua.
Una di queste è comunque usata tantissimo: si tratta del termine pololo che indica sia un fidanzatino (da cui anche il verbo pololear che tradurremmo come uscire insieme), ma anche un lavoretto saltuario.
Un altro termine molto usato è cahuìn che significa pettegolezzo.

Rioplatense è invece il dialetto parlato in Argentina e in Uruguay. Da questo arrivano parole molto usate como bacàn (che i giovani usano in continuazione per dire "figo!") o engrupir (fregare qualcuno).

Idiomi alloctoni


Quello che in Spagna si direbbe "No te hago caso, entiendes?" (non ti prendo in considerazione, capisci?) in Cile si direbbe così: "No te pesco, cachai?".
Volantino giovanile riferito al plebiscito del 1988: il NO è riferito alla prosecuzione del governo di Pinochet.
Immagine di pubblico dominio.

A seguito dell'influenza operata soprattutto dagli emigrati che si istallarono in Cile, un gran numero di vocaboli di uso comune deriva da parole inglesi, tedesche, e altre ancora.
Un termine che mi ha sempre colpito molto è il verbo "cachar" che significa capire. L'origine probabile è dal verbo inglese "to catch".
I biscotti si dicono kuchen, come in tedesco.
La bistecca si dice bistèc, simile all'italiano e all'inglese beefsteak.

Más chileno que los porotos

Non so se sia stata la conseguenza di studiare in un liceo classico che mi porta sempre a domandarmi quale sia l'origine delle parole, o se il mio interesse per l'etimologia sia una curiosità innata. Ad ogni modo, penso che è interessante analizzare l'origine del parole anche per capire quali influenze abbiano operato nella storia di una terra.
In Cile, questa piccola analisi permette di ricordare l'importanza dei popoli autoctoni (Quechua e Mapuche), dei paesi vicini e dei tanti emigrati che hanno lasciato in eredità qualche parola a questo paese.
Piano piano, uno capisce meglio il paese e si integra anche meglio tra la gente, fino a potersi vantare di parlare come un vero cileno, che acquisisce nel linguaggio comune il titolo di "màs chileno que los porotos" (più cileno dei fagioli, perchè è un ingrediente comune in cucina ed è anche un termine Quechua).

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Interessante... anche vedere come una lingua risenta di tante influenze anche non da parte di paesi europei (anche se sono facilmente intuibili le motivazioni).
Bravo, l'ho letto con piacere.

Grazie. Sono contento che ti abbia interessato...è un argomento molto specifico, che magari non è immediatamente "utile", però permette alcune riflessioni interessanti e pian piano di capire meglio questo Paese.

Esatto, io di natura sono molto curioso, interessato ai viaggi e alle culture diverse. Quindi questo tipo di post sono per me molto stimolanti.

Good to know!

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