Che cos’è un processo, tra "duello" e strumento di tutela dei diritti.
"Regola n. 1: il processo è guerra,
o vinci o sei morto"
dal telefilm "Shark - Giustizia a ogni costo".
L’immagine del tribunale, di un giudice, di due litiganti in contesa di fronte alla Corte, nonchè degli avvocati che li difendono è nell’immaginario di tutti noi, e forse è l’immagine più immediata che sorge soprattutto in coloro che non sono tecnici del diritto. Quando si pensa al diritto, la mente va subito al processo, perché il diritto, nella sua prima dimensione, è fatto di regole che disciplinano il comportamento dei soggetti, ma, nella sua seconda e fondamentale dimensione, il diritto è fatto di strumenti che entrano in campo quando le regole sono violate, ovvero sono incerte nella loro applicazione e, per queste ragioni, insorge una lite. Il conflitto è una dimensione fisiologica dei rapporti sociali basati sulle regole del diritto, non patologica: che sorgano conflitti sull’applicazione delle regole è quello che accade normalmente e molto frequentemente. Due litiganti che si contendono la proprietà di un bene, ovvero che litigano su un pagamento non avvenuto nei termini concordati, o ancora su un risarcimento del danno sono questioni di violazioni di regole del diritto ovvero di incertezza su quelle regole. A quel punto, può essere necessario andare davanti a un giudice per dirimere la controversia che è insorta tra le parti. Va da sé che le nostre considerazioni si riferiscono in particolare al processo civile, come emerge dagli esempi richiamati.
Dare una definizione generale di “processo” è un'operazione difficile e, in un certo senso, parziale, perché attribuire una definizione implica sempre una scelta di campo sulla natura che si attribuisce al fenomeno che si vuole definire. In questo senso, il processo non tollera una sola definizione, ma ne supporta molte, perché è un fenomeno giuridico molto complesso. Per semplificare, possiamo richiamare l'attenzione su due definizioni principali, che colgono entrambe aspetti di verità sul fenomeno processuale e che si fondano su diverse ideologie del processo, per alcuni aspetti contrapposte.
Secondo una prima definizione, il processo è uno strumento di risoluzione dei conflitti. In questo senso, esso assume la configurazione di un duello stilizzato, nel quale vi sono due contendenti, i duellanti, vi sono le “regole del gioco”, ossia le disposizioni rigorose che disciplinano lo svolgimento del processo stesso, e un arbitro, il giudice, che sorveglia che i partecipanti rispettino tali regole e non commettano scorrettezze. Ovviamente, in un “processo-duello” vince il contendente più forte, quello che usa la migliore strategia e che si gioca meglio la partita, ossia che si avvale al meglio delle sue chances processuali.
Il giudice, in questa situazione, impersona il ruolo di un "arbitro passivo" che sorveglia lo svolgimento del duello e, dopo aver fischiato di fronte ad eventuali scorrettezze, decreta il vincitore della tenzone, che è il contendente più forte. Lo scopo del processo inteso come duello è quello di porre fine al conflitto. In altri termini, il fine è quello di definire la lite insorta tra i duellanti, quindi una volta che il vincitore sia stato ratificato, lo scopo è raggiunto.
Una seconda definizione, invece, è quella che vede il processo come uno strumento di tutela dei diritti. In questo caso, se un soggetto non paga quanto deve alla scadenza, sta violando il diritto del suo creditore ad ottenere la somma di denaro dovuta. Se un soggetto che provoca colpevolmente un incidente automobilistico, provocando danni, fa sorgere il diritto di coloro che hanno subito il danno ad essere risarciti. Rivolgendosi a un giudice e attivando un processo, il soggetto che ha subito una lesione dei propri diritti può ottenere una sentenza che condanni la controparte, ad esempio, a un risarcimento ovvero al pagamento della somma dovuta. Quindi, il processo, in questa concezione, è un contesto nel quale si accertano le circostanza di fatto accadute e nel quale un soggetto terzo e imparziale applica a quei fatti la corretta regola di diritto, per dirimere la controversia e fornire tutela ai diritti lesi mediante una pronuncia giurisdizionale. In questa concezione, dunque, lo scopo del processo è dare tutela ai diritti lesi.
e darò sentenza intorno al punto di cui si questiona”
(Demostene, “Contro Timocrate, dal “Giuramento degli Eliasti”,
in “Le opere di Demostene”, a cura di Casarotti, Firenze, 1807, p. 357).
Ora, il processo è come abbiamo detto, un fenomeno complesso e, in quanto tale, supporta entrambe e contemporaneamente le due definizioni. Ma queste due definizioni contano, perché incidono sulle ideologie del processo, ossia sull’idea di quello che il processo dovrebbe essere: ideologie che influenzano l'elaborazione giuridica della dottrina e della giurisprudenza. E la circostanza non è irrilevante, ma è molto importante, per gli effetti che comporta.
Il tema è molto esteso e possiamo dare soltanto qualche spunto di riflessione, al riguardo: se prevale, a livello di elaborazione giuridica, una ideologia sbilanciata sulla prima definizione, ossia sull’idea del “processo-duello”, è chiaro che una simile concezione porta a ritenere che la bontà e la correttezza del risultato del processo, ossia il contenuto della decisione finale, siano aspetti irrilevanti. Quello che conta, infatti, è soltanto che il duello ponga fine al conflitto, e quindi, che il processo concluda la controversia: il "come" ciò avvenga non importa, anche una sentenza ingiusta, basata su accertamenti non corrispondenti a verità ovvero su regole di diritto non corrette, al limite, raggiunge lo scopo. Non solo, ma come abbiamo visto, nel “processo-duello” vince il giocatore più ferrato, quello che sa applicare la strategia migliore, quello che ha più mezzi per difendersi: insomma, vince il più forte, non chi ha ragione. E questi due soli spunti dovrebbero essere meditati.
Bibliografia:
Damaska, "I volti della giustizia e del potere. Analisi comparatistica del processo", Bologna, 1991
Taruffo, "La semplice verità. Il giudice e la costruzione dei fatti", Roma-Bari, 2009.
Gamba, "Diritto societario e ruolo del giudice", Padova, 2008.
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