Il bibliotecario francese: cap. XIII parte seconda
Forse però il punto più curioso di tutta l'incresciosa faccenda fu il fatto che Lafayette aveva voluto lasciare il merito della risoluzione del caso al comandante della polizia civile di Habanita. Podger non riusciva a spiegarsene il motivo.
Ora non si sarebbe stupito se ben presto si fosse ritrovato tra i piedi quello strano personaggio. E la cosa lo metteva di malumore: in primo luogo perché un secondo errore da parte sua lo avrebbe ulteriormente indispettito e poi per il tempo che avrebbe dovuto dedicare a quel signore anziché al gioco degli scacchi. Proprio alle soglie del grande match che per la prima volta nella storia scacchistica si sarebbe tenuto nella capitale di quella sfortunata nazione di La Floresta. Già, evidentemente stanchi della miseria e dell'arretratezza imperanti nel paese, gli organi governativi avevano preso accordi con le federazioni scacchistiche di diversi Stati, in primo luogo con quella americana, affinché durante l'anno in corso la pittoresca La Floresta potesse ospitare il torneo internazionale. Il nuovo presidente della Repubblica sperava che in tal modo nel paese entrassero fondi consistenti, per via all'afflusso di un grande numero di turisti che sarebbero accorsi per assistere all'evento. Oltre naturalmente ai proventi destinati alle casse delle amministrazioni grazie a una percentuale, loro dovuta, delle quote di iscrizione al torneo dei giocatori. Questi ultimi, tranne qualche caso sporadico, sarebbero stati tutti stranieri, dato che i cittadini locali, generalmente troppo poveri per coltivare interessi che non portassero immediatamente pane sulla tavola, non avevano mai visto una scacchiera in tutta la loro vita e quand'anche così fosse stato, non avrebbero certo avuto di che pagare l'iscrizione al torneo e men che meno il viaggio verso la capitale, qualora residenti in una diversa città. Per quanto riguardava Habanita, l'unico cittadino a partecipare sarebbe stato il maestro di scuola, un giocatore non proprio di altissimo livello, ma una promettente speranza per la città. Il premio per il vincitore sarebbe consistito in una somma pari a diecimila dollari, stanziati quasi interamente dalla Federazione Scacchistica Internazionale. L'esimio professore aveva tutta l'intenzione di portarsi a casa il torneo, ma non certo perché avesse bisogno di quel denaro. Una volta vinto, avrebbe pubblicamente dichiarato la propria volontà di devolvere i diecimila dollari in beneficenza. Il beneficiario di tanta generosità doveva essere il presidio sanitario in cui svolgeva la funzione di direttore per tre mesi all'anno. E la fama e la popolarità di cui Podger già godeva in ambito mediatico si sarebbero ulteriormente accresciute, sia per l'ennesima conferma del titolo di Grande Maestro Internazionale di scacchi che per sfoggio di munificenza.
All'Arcoiris, così come altrove, Podger vinceva contro qualsiasi avversario avesse di fronte. L'unico giocatore davvero degno delle proprie capacità, veramente valido e temibile, era Trent McCallister. Ma neppure il medico californiano, per quanto brillante, era mai riuscito a batterlo. C'era arrivato vicino, però, almeno un paio di volte. Comunque, attraverso spettacolari acrobazie nella fase dei finali, il professore aveva sempre riportato belle vittorie. Podger avrebbe ritrovato Trent tra gli avversari nel torneo che si sarebbe svolto nella capitale di La Floresta entro qualche mese, perché anche il giovane internista vi si era iscritto. Non aveva dubbi sul fatto che i finalisti assoluti sarebbero stati loro due. I nomi dei partecipanti gli erano ben noti, in passato aveva già disputato partite con ognuno di loro e aveva sempre vinto. Nessuno con cui avesse mai giocato si eguagliava a lui, neppure Trent, che aveva la qualifica di Maestro Fide. Gli risultava che il giovane avesse battuto a scacchi gli stessi giocatori, anche se al di fuori di tornei internazionali. Quegli scacchisti erano personaggi provenienti da famiglie elitarie che conoscevano bene quella di Trent, rampollo di un casato molto prestigioso. Chissà come mai il medico californiano non aveva partecipato a nessuna olimpiade scacchistica né a tornei internazionali, almeno durante gli ultimi anni. Allora si sarebbero conosciuti come avversari finalisti già da molto tempo. Podger al Centro era stato ben contento di allenarsi con un giocatore brillante e degno di nota come il supervisore, perché gli permetteva di giocare ad alti livelli in vista del torneo imminente. Comunque, anche se Trent non era mai riuscito a batterlo, il professore era costretto ad ammettere con se stesso che gli dava parecchio filo da torcere. E nella remota e pressochè impossibile ipotesi in cui avesse vinto il torneo, non glielo avrebbe mai perdonato. Perché Archibald Podger arrivava sempre e ovunque primo, mai secondo. In ogni caso il pensiero di poter perdere non lo preoccupava mai seriamente e lo scacciava non appena si affacciava alla sua mente.
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