L'ultima Macedonia di fine estate: storia di un viaggio a Skopje (episodio 5)

_{Skopje, Matka Canyon. Foto di proprietà dell'autore}

L'ultima gita a Skopje, prima del giorno conclusivo della vacanza, dedicato nelle intenzioni al relax e all'acquisto di qualche souvenir (le cose andranno diversamente, ma ne parleremo domani), è dedicato alla visita del Matka Canyon, raggiungibile dopo un un'ora di viaggio con l'autobus di linea numero 60, per il quale avevamo preso i biglietti un paio di sere prima in una strana e poco riconoscibile rivendita piazzata a bordo di un vecchio autobus (ho descritto la scena in questo post).

Il mezzo è affollato perlopiù di turisti, riconoscibili oltre che dalla parlata dai vari zaini, cappellini e tenute da trekking. Ci sorprende l'assenza di connazionali, non solo sul bus, ma praticamente in tutta la città, dato che giunti quasi a fine vacanza, a parte un coppia di signori di mezza età, incrociati di fronte ad una moschea, è la prima volta che non ci imbattiamo in visitatori italiani in giro in una capitale europea.

Più il mezzo si allontana dal centro, più il paesaggio cambia in maniera radicale, diventando molto meno cittadino, per assumere decisi connotati boschivi e rurali. Verso le fermate conclusive, salgono alcuni abitanti della zona, vestiti spesso in maniera poco cittadina, dalla faccia a metà tra il divertito e l'incuriosito per la presenza di così tanti turisti sull'autobus.

Qualcuno tra i più anziani chiede in macedone stretto, a quelli seduti nelle prime file, di cedergli il posto a sedere e per rispetto nessuno si sogna di rifiutare. Parlottano tra di loro e pur non riuscendo ovviamente a comprendere nemmeno una parola dei loro discorsi, dagli sguardi e dai sorrisini si capisce che gli stranieri con i quali condividono parte del viaggio siano l'argomento principale.

Dopo un'oretta abbondante, l'autista scarica tutti all'inizio della passeggiata turistica. Il Matka Canyon ha un'estensione di oltre cinquemila ettari ed è forse il lago artificiale più antico di tutta la zona. Un tempo ospitava un'ottantina di monasteri, anche se adesso ne sono rimasti soltanto quattro, di cui uno accessibili a tutti, il Monastero di Sant'Andrea, e gli altri dall'acqua o dopo percorsi di trekking riservati agli esperti.

_{Foto di proprietà dell'autore}

Nel capiente parcheggio principale, poco distante dall'inizio del percorso di trekking, trovano posto auto e minivan di tutta l'Europa dell'Est, a dimostrazione di come la meta sia conosciuta un po' in tutti i Balcani, ma nonostante ci sia posto in abbondanza, non sono in pochi quelli che decidono di proseguire oltre in macchina, a costo di lasciarla sul ciglio della strada, pur di ritrovarsi qualche metro più in alto.

Passi chi deve accompagnare persone dalla ridotta mobilità o anziani, ma la maggior parte ha semplicemente la mentalità dell'automobilista medio, che si sente "figo" soltanto quando può letteralmente entrare dentro ai posti con la macchina. Non vi dico le scene al pomeriggio, quando questi fenomeni si incrociavano in una via larga poco più di quattro metri con i "colleghi" impegnati nel ritorno.

_{Grotte di Vrelo. Foto di proprietà dell'autore}

La cosa migliore da fare nel lago, se si possiede un po' di esperienza in materia, è girarlo in lungo e in largo in kayak, oppure optare, come nel nostro caso, per il giro in barca di un'ora, che al prezzo di 8,50 euro per gli adulti e 4 euro per i bambini conduce anche alla visita delle spettacolari grotte Vrelo.

Scoperte per caso nel 1950, si stima risalgano a circa quattro milioni di anni fa e al loro interno è possibile ammirare uno spettacolo naturale di stalattiti, stalagmiti e un paio di laghetti, oltre al tipico latte di grotta, che già in antichità veniva utilizzato come cosmetico e medicinale per la quantità dei minerali presenti.

All'interno si mantiene una temperatura costante di 14 gradi ed è stato calcolato che una permanenza anche di soli venti minuti all'interno può avere l'effetto di un gigantesco aerosol, con beneficio particolare sulle vie respiratorie.

_{Grotte di Vrelo. Foto di proprietà dell'autore}

Il "capitano" della barca è un ragazzo dall'età stimata tra i venticinque e i trent'anni, che oltre a fungere da guida in questa breve escursione, si diletta anche nell'intrattenere gli occupanti. Ad un certo punto, sulla via del ritorno, ferma il motore e si mette a ballare al ritmo di una canzone (suppongo locale), cercando di aggiungere un pizzico di goliardia all'esperienza. Qualcuno apprezza, ma i più lo ignorano e continuano a guardare la bellezza del panorama.

Se non vi va di rendere l'esperienza un "bagno di sangue" da un punto di vista economico, un consiglio fondamentale è quello di portarsi dietro qualcosa da mangiare (l'acqua è possibile reperirla anche alle fontanelle), visti i prezzi dei due ristoranti presenti in zona, con piatti da oltre cinquanta euro. Fortunatamente avevamo dietro il pranzo, come sempre acquistato dalla panetteria sotto casa, altrimenti, sarebbe finita probabilmente a pannocchie arrostite e semini, almeno per noi adulti.

_{Caffé Turco, foto di proprietà dell'autore}

Tornati in città, l'ultimo frammento "normale" della vacanza è il caffè turco, assaggiato per la prima volta in un bar della zona del bazar. A parte il ragazzo che serve ai tavoli, che ha dovuto chiedere l'ausilio del proprietario per interpretare un semplicissimo "Two Turkish coffees, please", un qualcosa di spettacolare, che se trovassi anche nei bar della zona in cui abito, prenderei ogni mattina al posto di quello tradizionale.

Andiamo a dormire stanchi, ma soddisfatti della bella giornata. Ancora non lo sapevamo, ma il giorno dopo sarebbe stato destinato ad aprirsi con un messaggio davvero poco piacevole...

A domani.

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