FIGLI E FIGLIASTRI, RIGORI E RIGORASTRI
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UN RIGORE ALLUNGA LA VITA
Uno dei momenti più iconici del calcio è di certo legato alla battuta di un calcio di rigore. Il fiato sospeso di compagni e tifosi, le speranze di tutti affidate in quel momento a due soli giocatori, l'uomo sul dischetto e il portiere, e l'adrenalina insita in ciascuno dei protagonisti nel veder a breve probabilmente cambiare il punteggio, rendono quegli istanti tanto solenni quanto elettrizzanti.
Di calci di rigore che verranno ricordati a lungo ne è piena la storia. Un tiro dagli undici metri, ad esempio, ha regalato alla nostra nazionale il quarto titolo mondiale, mentre sempre grazie ai calci di rigore l'Italia ha colto il suo ultimo successo internazionale, battendo l'Inghilterra nella finale disputata a Wembley l'anno scorso.
Alcuni, benché non siano legati a coppe alzate al cielo, sono diventati simbolo di un ben preciso momento storico. Tutti ricordiamo il "cucchiaio" di Francesco Totti al portiere olandese Edwin Van Der Sar, che aiutò gli azzurri a raggiungere la finale di Euro 2000, quello di Andrea Pirlo volto a "far abbassare la cresta" a Joe Hart, o il celebre rigore a due battuto a Barcellona dalla coppia Messi-Suarez.
D'altra parte invece, alcune infrazioni d'area di rigore, a causa della loro trasformazione in calcio di rigore o per il diniego a procedere in tal senso del direttore di gara, si sono rivelate in grado di scatenare polemiche infinite, capaci di trascinarsi, spesso in maniera pretestuosa, anche per alcuni decenni.
Massimo Moratti, foto da Barocco Digitale, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Probabilmente la madre di tutte queste situazioni è lo scontro Iuliano-Ronaldo nel famoso derby d'Italia, Juventus-Inter, disputato a Torino nell'aprile del 1988. L'episodio è passato alla storia in maniera piuttosto forzata come simbolo di uno scudetto scippato al "povero" Moratti, nonostante l'Inter, anche in caso di eventuale pareggio, sarebbe comunque rimasta indietro ai bianconeri in classifica di una lunghezza e che nelle restanti tre gare avesse collezionato solo quattro punti, contro i cinque dei rivali.
Ormai da quasi venticinque anni, puntualmente, prima di ogni sfida tra bianconeri e nerazzurri, qualche testata sportiva si diverte a soffiare sul fuoco della polemica, rivangando l'episodio più discusso del calcio italiano, che si rivelò tuttavia, classifica alla mano, (al pari del goal fantasma di Muntari di qualche anno dopo) del tutto ininfluente. Che sia l'allora allenatore dei meneghini, Gigi Simoni, o qualche altro ex col dente avvelenato, la musica è sempre la stessa, al pari dello spazio concesso alle ragioni della controparte, tendente allo zero.
Del resto il compito dei giornali, si sa, non è tanto quello di informare correttamente, ma piuttosto di vendere il più alto numero di copie possibili. A questo scopo va bene tutto, dallo scatenare una paura eccessiva sulle situazioni della vita di ogni giorno, alla ricerca ossessiva di notizie tragiche, passando, in un terreno prettamente sportivo, nell'individuare un nemico comune alla maggior parte dei lettori, sul quale sparare regolarmente a palle incatenate.
Victor Osimhen, foto da Liondartois, CC BY-SA 4.0, attraverso Wikimedia Commons
Già, perché in tema di calci di rigore, piuttosto che rispolverare situazioni vecchie di un quarto di secolo, ci sarebbe terreno fertile per approfondire fatti molto più recenti. Poco o nulla, ad esempio, si lesse sui quotidiani sportivi sull'anomalia statistica dei venti calci di rigore assegnati al Milan nella stagione 2020/21, che diedero una grossa mano alla società rossonera nel raggiungere la qualificazione alla Champions League. Per la cronaca, l'Inter, campione d'Italia, se ne vide fischiare a proprio favore solo nove.
E siccome la notizia non la crea il fatto in sé, ma il clamore suscitato dal protagonista della stessa, già sappiamo che l'episodio del calcio di rigore generoso concesso ieri sera al Napoli dall'arbitro Pairetto, per via del leggero contatto tra Osimhen e Marin, verrà archiviato nel giro di poche ore, nella categoria "cose che capitano".
Lungi da me voler sostenere che il Napoli non avrebbe, con buona probabilità, ugualmente vinto la partita, grazie alla sua indiscussa superiorità tecnica nei confronti di un Empoli votato esclusivamente a fare le barricate, ma in passato, in occasioni simili, anche a fronte di partite terminate 3-0 0 4-0 e in campionati conclusi con disavanzi tra prima e seconda di venti punti, non si sono risparmiate le solite frecce avvelenate.
Per circa un decennio, la frase utilizzata più spesso nei confronti della Squadra X, capolista, suonava più o meno così:
Dispiace, perché non avrebbe bisogno di questi aiuti...
Lasciando sottendere una certa premeditazione della classe arbitrale nel voler comunque renderle facili le cose, qualora la situazione si fosse fatta ingarbugliata. Ma per fortuna, da tre anni a questa parte, i nostri arbitri sono tornati i migliori d'Europa, che non sbagliano quasi mai e quando lo fanno si possono considerare in assoluta buona fede.
Per molto tempo il giochetto del rigore assegnato anche quando era dubbio non ha fatto bene al nostro calcio!
Però preferisco pensare ai rigori dati giustamente, a quelli segnati e a volte sbagliati che ci hanno fatto fermare il cuore per un istante per poi esultare ....e qualche volta piangere!
A chi lo dici, quello di Grosso nella finale mondiale ancora lo ricordo, insieme alle facce di quelli che erano con me quella sera 😀. Così come la finale degli europei, vista a Caprarola... Momenti indimenticabili!
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