Al di là di come finirà la vicenda sulla Super League, esistono ottime probabilità che Alexander Ceferin passi alla storia come il peggior presidente UEFA di tutti i tempi. Non sono bastate infatti allo sloveno, incurante del proprio ruolo istituzionale, le prese di posizioni personali nei confronti di alcuni protagonisti del calcio europeo e una serie di scelte fallimentari: il nostro eroe ci tiene evidentemente ad essere ricordato come colui che ha fatto a brandelli quel che rimane del calcio.

Un vecchio detto recita come non ci sia niente di più pericoloso che mettere un incapace ai posti di comando (cosa che peraltro posso confermare direttamente da alcune esperienze lavorative personali), e a quanto pare all'UEFA stanno dando fondo a tutta la propria creatività per convincerci della bontà di questa massima: da oggi infatti, una regola che ha segnato intere generazioni di tifosi e deciso numerose sfide del passato è stata abolita, quella dei goal in trasferta.

Impropriamente conosciuta da molti con l'assioma del goal in trasferta che "vale doppio", la norma, introdotta nel lontano 1957, prevedeva come, a parità di reti segnate dalle due squadre nelle sfide di andata e ritorno, a prevalere fosse quella capace di realizzarne di più fuori casa. Un principio semplice ed efficace, voluto per evitare imbarazzanti catenacci e conseguenti perdite dello spettacolo in molte partite, specialmente nei secondi appuntamenti.

Se prima, ad esempio, una squadra che aveva pareggiato 1-1 la partita casalinga era costretta ad attaccare fuori casa per qualificarsi, dato che lo zero a zero avrebbe premiato i rivali, dalla prossima stagione si ripartirà da una situazione di perfetta parità. Questo, secondo le menti geniali confinate a Nyon, servirà ad aumentare lo spettacolo, ma è molto probabile che invece determini un'infinità di partite decise ai tempi supplementari o ai rigori.

Pensate ad esempio all'impresa compiuta dalla Roma nell'aprile del 2018, quando i giallorossi rimontarono la sconfitta 1-4 patita al Camp Nou con uno straordinario 3-0 casalingo; con il nuovo diktat voluto da Ceferin e soci, la partita si sarebbe protratta ai tempi supplementari e forse i giallorossi avrebbero potuto vedere sfumare una qualificazione meritata sul campo.

Ma non basta: nel 2003 la semifinale di Champions League tra Inter e Milan fu decisa dalla rete di Shevcenko al ritorno, che pareggiando quella dell'interista Martins promosse i rossoneri in finale (poi vinta con la Juventus) e nel 2005 sempre il Milan beneficiò del 2-0 di San Siro contro il PSV, sufficiente a proteggere la qualificazione dal 3-1 olandese del ritorno.

E che dire della Juventus, eliminata giustamente nelle ultime due stagioni di Champions League da Lione e Porto dopo aver eguagliato il numero di reti segnati dagli avversari? Se le sfide si fossero giocate oggi, i bianconeri avrebbero avuto l'opportunità di andare avanti nel torneo, pur senza meritarlo in virtù di prestazioni pressapoco disastrose.

Segnare un goal al Bernabeu, al Camp Nou, a Wembley, o in tutti gli stadi più caldi d'Europa, consiste spesso in una vera e propria impresa, che la regola in qualche modo premiava assegnandole un valore maggiore di una realizzata in casa. Ora tutto ciò non esisterà più, in nome di una modernizzazione che di solito giunge puntuale a rovinare (e questo non solo nello sport) quanto di buono ottenuto negli anni.

Naturalmente è solo un mio punto di vista, ma da oggi è possibile aggiungere questo ulteriore tassello alla lista dei fallimenti di Alexander Ceferin, già noto come l'uomo dell'Europeo itinerante, dell'assurda riforma della Champions League e dell'introduzione di un'ulteriore trofeo di Serie C (la inutile Conference League).
E' ora che qualcuno lo fermi, prima della prossima brillante trovata.

Comunque vadano le cose, l'attuale proprietà verrà ricordata dai tifosi della Fiorentina come quella dei problemi sugli allenatori. Come sono fosse bastata una stagione buttata al vento per via delle manie di protagonismo di patron Rocco, anche l'estate che stiamo vivendo è caratterizzata dal difficile rapporto tra gli alfieri della panchina e la società viola.

Dapprima Rino Gattuso, dopo soli 22 giorni, ha deciso di comune accordo con la società di interrompere bruscamente l'avventura sulla panchina viola ancor prima che cominciasse e ora i problemi stanno riguardando anche quello che appariva come il sostituto prescelto dalla dirigenza, Vincenzo Italiano.

L'allenatore dello Spezia infatti, che molti nelle scorse ore davano ad un passo dalla firma con i gigliati, sta vedendo bloccata la possibilità di sedersi la prossima stagione sulla panchina viola dal contratto che ancora lo lega ai liguri, e che necessiterebbe del pagamento di una clausola di 1,8 milioni di euro per essere interrotto in maniera unilaterale.

I Platek non ne vogliono sapere infatti di inaugurare la loro presidenza alla guida della squadra con un regalo gentilmente offerto ad un'altra società, mentre da parte sua il buon Rocco Commisso si è più volte dichiarato non disponibile, per questioni di principio, a pagare una cifra, seppur relativamente modesta, al fine di ingaggiare il nuovo allenatore.

Beghe tra proprietà americane a parte, rimane il fatto che l'affare, giunto a questo punto ad unno stallo alla messicana difficilmente risolvibile, con buona probabilità è destinato a saltare, anche se è notizia di poco fa un ultimo disperato tentativo delle parti di riavvicinarsi. La Fiorentina continua a faticare maledettamente nel trovare un allenatore che guidi il progetto tecnico della squadra e che imposti un piano di crescita pluriennale.

Le attenzioni della dirigenza, nel caso di ulteriore fumata nera, stanno ora rivolgendosi in tutta fretta alla ricerca di un piano C, che porta ai nomi di Claudio Ranieri o, come appare più probabile, di Fabio Liverani, entrambi in cerca di squadra dopo la fine delle avventure con Sampdoria e Parma.

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Photo by geralt (Pixabay), CC0

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