Perché possiamo essere protagonisti di un cambiamento epocale

in #blockchain7 years ago (edited)

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La scoperta

L’attuale fase di crescita esponenziale dell’interesse verso il mondo della criptofinanza è, a mio avviso, un elemento secondario di un fenomeno molto più profondo e dirompente. Mi riferisco alla diffusione della tecnologia blockchain (https://it.wikipedia.org/wiki/Blockchain) e delle sue evoluzioni.
Come la maggior parte delle persone che si sono avvicinate a questa tecnologia, anch’io ho seguito un percorso che è partito dalla curiosità verso il Bitcoin, questo strano oggetto virtuale nato da un fantomatico Satoshi Nakamoto. Cosa c’era dietro alla prima criptovaluta? Quale meccanismo ne aveva consentito lo sviluppo? Come si poteva comprare? Chi era il suo inventore? Desideroso di trovare risposte a queste domande, iniziai a documentarmi e scoprii che tutto nasceva proprio dalla tecnologia blockchain, il registro decentralizzato delle transazioni in bitcoin (http://www.bitcoin.org/bitcoin.pdf).
In poco tempo mi resi conto delle infinite possibili applicazioni di questa catena di blocchi e mi si aprirono nuovi orizzonti capaci di suscitare un livello di curiosità, mista a entusiasmo, che non provavo più dai tempi in cui misi per la prima volta gli occhi su Internet.
Fu così che mi ritrovai a studiare cosa significasse per il singolo individuo, o per le aziende, utilizzare la tecnologia blockchain e capii velocemente che era necessario fare un salto mentale gigantesco: non dovevo cercare le possibili applicazioni, dovevo cambiare il modo di vedere il mondo!
Da uomo di comunicazione mi resi conto che il più grande ostacolo alla ideazione, realizzazione e diffusione di applicazioni basate sull’opera di Nakamoto non era tecnologico bensì culturale e questo poneva una domanda di fondamentale importanza: il mondo era pronto per questo salto?

Società, gerarchie, intermediari

Per capire le motivazioni alla base di questa domanda occorre fare un passo indietro e riflettere sullo sviluppo della società e delle sue forme di gestione.
Tutta la storia dell’uomo si è basata su strutture sociali di tipo gerarchico. Sin da quando l’homo sapiens iniziò a riunirsi in piccoli gruppi è esistito il capotribù. Con la complessificazione della società si svilupparono forme di governo strutturalmente sempre più articolate ma comunque fondate sul concetto di capo, colui che, grazie alle sue doti e capacità, è in grado di guidare altre persone. Dal momento della nascita abbiamo qualcuno che ci guida, siamo abituati ad averlo per tutta la vita. In età adulta, questo significa essere cittadini consapevoli delle regole sociali e delle strutture gerarchiche che le governano.
I nostri comportamenti e il fatto stesso di far parte di questa organizzazione sociale producono costantemente informazioni che, oggi, sono archiviate su innumerevoli sistemi informatici centralizzati e gestiti da enti specifici. Dai dati anagrafici a quelli sanitari, dalle transazioni economiche alla posizione previdenziale, passando per la crescente quantità di informazioni che, volontariamente, produciamo utilizzando Internet ed i sistemi di comunicazione in genere. Tutto è registrato e tracciato. L’Internet Of Things, con la sua diffusione pervasiva, contribuirà ad aumentare esponenzialmente il livello di dettaglio con cui ogni nostra azione viene tradotta in formato digitale e archiviata.
Chi ha accesso a quegli archivi ha accesso alla nostra vita e può esercitare un livello di controllo sociale mai visto prima d’ora. I sistemi di governo, a tutti i livelli, si basano sempre più sull’accesso ai big data.
Tutto ciò, sino a oggi, è passato attraverso sistemi che, per funzionare, presuppongono una attendibilità intrinseca, un livello di fiducia che si deve accettare di dare a un determinato ente affinché possa gestire i nostri dati. Le banche ne sono l’esempio tipico.
E cosa accade se questo patto fiduciario viene spezzato? La crisi del 2008 con la conseguente sequela di crolli bancari dà un’idea piuttosto chiara delle reazioni a catena che si possono innescare quando il meccanismo della fiducia viene compromesso.
I tempi erano maturi per pensare a un modello diverso, dove il concetto di fiducia non fosse più affidato a un intermediario. Tecnicamente, si trattava di risolvere il problema dei generali bizantini che, in estrema sintesi: è un problema informatico su come raggiungere consenso in situazioni in cui è possibile la presenza di errori. Il problema consiste nel trovare un accordo, comunicando solo tramite messaggi, tra componenti diversi nel caso in cui siano presenti informazioni discordanti
(https://it.wikipedia.org/wiki/Problema_dei_generali_bizantini, https://en.wikipedia.org/wiki/Byzantine_fault_tolerance).
Questa è la situazione tipica di ogni scambio di informazioni che coinvolge molti soggetti, come accade nel mondo della finanza.
La blockchain fu la risposta che arrivò a pochi mesi di distanza dal crollo di Lehman Brothers e da ciò che lo accompagnò. Finalmente era disponibile una tecnologia decentralizzata, trasparente, sicura e inalterabile che non richiedeva intermediari per transazioni di ogni genere. Si posero le basi per una società che poteva pensare di liberarsi dai sistemi centralizzati tradizionali, esattamente quelli a cui bisogna dare fiducia per consentir loro di operare. La tecnologia blockchain consentiva di eliminare all’origine la necessità di middlemen, il meccanismo della fiducia diventava algoritmico.

Un nuovo World Wide Web

Tim Berners Lee, in un articolo pubblicato su The Guardian (https://www.theguardian.com/technology/2017/nov/15/tim-berners-lee-world-wide-web-net-neutrality), si è detto preoccupato di come si sta sviluppando la rete. La concentrazione in pochi grandi attori del potere di raccogliere, analizzare e gestire le informazioni relative a miliardi di utenti è, oggettivamente, un fatto preoccupante e pone molti interrogativi, non solo all’ideatore del World Wide Web.
Oggi, chi utilizza Internet, e magari pubblica anche contenuti, è fonte di un flusso di dati che viene costantemente raccolto, analizzato ed elaborato, dai motori di ricerca come dalle piattaforme social, fino a costituire uno straordinario modello dinamico della società globale. Come ogni modello, può essere utilizzato per scopi molto diversi, positivi e negativi: dalle analisi epidemiologiche alla vendita di pubblicità mirata per arrivare alla diffusione di notizie false per screditare un avversario politico.
È nella conoscenza derivante dalla gestione dei dati comportamentali di miliardi persone che sta un potere senza precedenti. Un potere che è nelle mani di Google, Apple, Facebook, Amazon e pochi altri.
Albert-László Barabási, nel suo libro, Lampi - La trama nascosta che guida la nostra vita, già nel 2010 spiegava come la tracciabilità delle nostre azioni consenta di arrivare a produrre modelli comportamentali predittivi. Siamo molto più prevedibili di quanto vogliamo ammettere.
Inoltre, occorre sottolineare che la pubblicazione di contenuti, con la sua capacità di attrarre l’attenzione dei lettori, è una fonte di reddito per la piattaforma che li accoglie ma non lo è per l’autore che, nel migliore dei casi, può avere benefici indiretti derivanti dalla notorietà acquisita on-line.
A parte i casi dei cosiddetti influencer, comunque davvero pochi in rapporto al numero complessivo di utenti del web, è possibile affermare che la popolazione digitale lavora per produrre quei contenuti che poi vengono utilizzati per indirizzarne i comportamenti, nelle decisioni di acquisto come nella politica.
Occorre un cambio di paradigma e la tecnologia blockchain può esserne il motore, ci sono le condizioni affinché questa situazione di oligopolio nella gestione dei dati delle persone connesse on-line si modifichi radicalmente. Social media e motori di ricerca decentralizzati possono dare agli utenti del web il pieno controllo e la proprietà dei dati da essi generati, senza più dover sottostare a quei grandi fratelli che conoscono ogni aspetto delle loro vite. Della nostra vita.
Occupandomi di marketing, vedo profondi cambiamenti anche nelle strategie aziendali che passeranno attraverso i nuovi sistemi decentralizzati. Le aziende avranno a disposizione nuove modalità per veicolare direttamente le loro comunicazioni al mercato grazie a network pubblicitari basati su blockchain, trasparenti e meno costosi grazie alla scomparsa degli intermediari. Le persone potranno veder riconosciuta la loro capacità di produrre contenuti facendoseli pagare direttamente o attraverso la comunicazione pubblicitaria, anche qui senza quelle intermediazioni che, oggi, assorbono porzioni consistenti di quei guadagni.
Il valore, enorme, che la blockchain è in grado di creare sta nella rete che la utilizza, nella sua capacità di connettere direttamente persone e cose con una immediatezza, trasparenza e sicurezza senza precedenti.

Verso una società decentralizzata

Nel filone delle piattaforme social e di servizi basati su blockchain, settore dalle potenzialità realmente dirompenti, in tutti gli ambiti delle attività umane, si inseriscono nomi oggi sconosciuti ai più: adChain, Change, Kik, Nexus, Nxt, PreSearch, Polybius, SocialX, Status, Steemit, giusto per fare qualche esempio.
Ogni giorno si assiste alla nascita di nuovi progetti, in ogni settore, molti di essi scompariranno senza lasciare tracce ma alcuni potranno davvero portarci verso una nuova fase dell’era digitale.
Si pensi, per esempio, al fatto che oltre un terzo della popolazione mondiale non dispone di un conto in banca (https://letstalkpayments.com/39-of-the-worlds-population-does-not-have-a-bank-account/). Attraverso una semplice connessione a Internet, grazie alle criptovalute, ognuna di quelle persone può diventare banca di se stessa ed effettuare transazioni in tempo reale con costi inferiori a quelli del sistema bancario tradizionale, creando benessere e ricchezza. Di colpo, senza la necessità di costruire infrastrutture fisiche (le filiali) e organizzative (il sistema gestionale bancario), tutti coloro che possono accedere a una connessione Internet, anche in banda stretta, hanno le stesse opportunità dei cittadini che vivono nei paesi più ricchi. Quelle persone hanno l’opportunità di diventare parte attiva della società globale avendo il pieno controllo del valore economico rappresentato dalle criptovalute in loro possesso. Senza il bisogno di nessun intermediario, senza dover chiedere il permesso a chicchessia. Il più potente sistema di comunicazione può così essere utilizzato per scambiare valore con chiunque, esattamente come ci si scambia messaggi in una chat.
Essere proprietari dei propri dati ha una serie di implicazioni importanti, significa, innanzitutto, assumere un nuovo livello di consapevolezza. La decentralizzazione rappresenta un livello di libertà, trasparenza, efficienza e sicurezza dei flussi informativi che non ha precedenti ma che richiede responsabilità e capacità di autogestione a cui non siamo abituati. Se oggi perdiamo i dati di accesso al conto bancario on-line possiamo chiamare il servizio di assistenza per farcene dare altri. Questo è possibile perché non siamo noi i gestori materiali del conto, c’è un intermediario che si chiama banca. Se, invece, perdiamo la chiave di accesso al wallet che contiene le nostre criptovalute non possiamo far nulla. Nessuno ci potrà aiutare a recuperarle, sono perse per sempre.
Lo stesso discorso si può fare per ogni tipo di informazione. Sia che si tratti di dati personali, sia che riguardino oggetti, la decentralizzazione toccherà ogni forma di scambio di informazioni. È solo questione di tempo.
Tornando alla domanda iniziale: il mondo è pronto per questo cambiamento? L’uomo saprà imparare ad essere davvero libero in una società decentralizzata, oppure, come sosteneva Erich Fromm nel suo libro Fuga dalla libertà a proposito della libertà conquistata nel dopoguerra, avrà paura di questo?
Personalmente, ritengo che le resistenze al cambiamento siano forti e che, inevitabilmente, coloro che sono preposti a gestire i vecchi sistemi centralizzati, siano essi il sistema bancario o quello sanitario, non importa, faranno di tutto per preservare il loro ruolo. D’altronde, la Brexit o l’elezione di Donald Trump non sono la plastica rappresentazione della paura del cambiamento? Da un altro punto di vista possiamo vedere nazioni come l’Estonia che ha sposato il concetto di nazione digitale con il programma di e-residency e che sta per lanciare la propria criptovaluta. O il Giappone che nell’aprile 2017 ha ufficializzato il Bitcoin come metodo di pagamento.
Il cambiamento spaventa, la libertà può disorientare ma i tempi sono maturi per cambiamenti radicali che hanno nella tecnologia un fattore abilitante. La blockchain è uno di questi.
Forse, se si diffonderà velocemente la consapevolezza che i nostri dati sono importanti e portano con sé un valore concreto, del quale ognuno di noi può trarre beneficio, avremo modo di essere protagonisti di una nuova stagione di Internet e, più in generale, di una società più matura, equa e portatrice di opportunità senza precedenti.

Effetti collaterali

Quando mi avvicinai all’opera di Nakamoto, non potevo immaginare quanto sarebbero state profonde le conseguenze di quella curiosità nella mia vita quotidiana. Oggi, sto lavorando per integrare i sistemi che si basano sulla blockchain nelle attività di consulenza della mia società per tutto ciò che riguarda marketing e comunicazione, una porzione limitata ma significativa delle possibili applicazioni di questa tecnologia.
La diffusione delle prime piattaforme social decentralizzate, Steemit ne è un esempio, sta aprendo orizzonti che, probabilmente, spaventano colossi dei big data come Facebook. Il loro modello di business, basato sull’analisi dei dati degli utenti e sulla vendita di pubblicità, può essere messo in crisi così come la stessa Google potrebbe diventare obsoleta di fronte ai nascenti motori di ricerca decentralizzati, come Presearch.
Gli effetti collaterali dell’adozione della blockchain, e delle tecnologie analoghe che sicuramente si affermeranno nei prossimi anni, sono difficili da prevedere ma sicuramente avranno un impatto profondo sulla struttura del mercato e della società. Una nuova generazione di imprenditori nati dal nulla scalerà le vette delle classifiche dei milionari esattamente come accadde quando persone come come Steve Jobs e Bill Gates cambiarono il mondo dell’informatica tracciando strade che, ancor oggi, sono portatrici di creatività e innovazione.
Se oggi pensiamo che Internet, nell’ultimo quarto di secolo, abbia cambiato radicalmente il nostro modo di vivere, probabilmente, proiettandoci su un arco temporale analogo, vedremo mutamenti ancor più profondi. Sta a noi decidere se subirli o se essere protagonisti di questo staordinario cambiamento epocale verso una società che farà della decentralizzazione dei flussi informativi il suo motore.

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In questo articolo colleghi questa nuova "tecnologia", la block chain, al cambiamento epocale in corso verso il post-capitalismo. Condivido questo tuo razionale. Anzi block chain è già espressione del post-capitalismo perchè restituisce al consum-attore (una sola "t" trasforma il soggetto da passivo ad attivo!) alcuni poteri di controllo sui propri dati identitari. Block chain mi ricorda Internet, come paradigma, perchè sostituisce ad un controllo centralizzato un sistema decentrato; può dunque essere una delle porte di ingresso ...nel nuovo mondo !

Ma davvero la disintermediazione è sempre un bene? Il tramonto dei corpi intermedi, ad esempio, e il progressivo affacciarsi del rapporto diretto tra governanti e governati, portano con loro opportunità e pericoli.
Penso la stessa cosa della disintermediazione negli scambi di valore. Davvero tu cogli solo elementi positivi?
Mi piacerebbe aprire un dibattito.

Penso che il dibattito su questi temi sia essenziale, purtroppo non lo vedo ancora nelle agende della politica e nemmeno delle aziende... quindi mi fa piacere che questo breve articolo possa svolgere un sia pur piccolissimo ruolo di "stimolo" all'approfondimento di questi temi che ritengo fondamentali per il nostro futuro.
Personalmente non colgo solo elementi positivi, ogni rivoluzione lascia sul campo morti e feriti, oltre a una buona dose di devastazione di ciò che prima rappresentava l'"ordine costituito". Anche la tecnologia blockchain e tutte quelle che vanno, con essa, nella direzione della decentralizzazione, provocherà cambiamenti tali da "devastare" ambiti molto vasti, prima apparentemente inattaccabili. Ogni struttura centralizzata rischia di dover mutare profondamente il suo DNA, oppure di sparire.
È un bene? Un male? Sicuramente sarà un male per chi soccomberà ma altrettanto sicuramente sarà un bene per chi coglierà il cambiamento nei suoi aspetti positivi. D'altronde, abbiamo già vissuto la rivoluzione della decentralizzazione dell'informazione, la diffusione della rete Internet ha cambiato il mondo, credo positivamente, ed ha messo in crisi interi settori: dall'editoria alle agenzie di viaggio, in generale quegli ambiti che sono stati "disintermediati" dalla rete globale.
Chi sarà in grado di rinnovarsi potrà percorrere nuovi sentieri ricchi di opportunità, chi non lo farà, e purtroppo saranno in molti, rischierà di ritrovarsi a combattere battaglie di retroguardia in una guerra già persa.
Cosa ne pensate?

Ottimo post! Davvero molti spunti di riflessione. Segnalo il mio contributo su Blockchain e comunicazione https://steemit.com/blockchain/@fgiacomozzi/blockchain-e-corporate-communication

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